EmmeBi Attached

Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Tuesday, August 30, 2005

 
CONSIGLI A LAPO - 24

La gente mixa vestiti del mercationo rionale e alta moda, le aziende corrono ai ripari

Il Foglio - 26 Agosto 2005

Alcuni la chiamano mash culture o l’arte del remix, altri ancora la definiscono combo-consumption. In parole più comprensibili a noi umani, altro non è che la pratica del "taglia-e-incolla" che utilizziamo giornalmente sui nostri computer, applicata nella vita di tutti i giorni per le scelte di acquisto e di consumo. Il primo settore ad essere stato coinvolto da questo fenomeno è quello dell’abbigliamento: morto definitivamente il total look, con il dispetto delle grandi firme della haute couture, le persone hanno acquisito la voglia e la capacità di combinare il proprio guardaroba mixando vestiti del mercatino rionale con accessori di alta moda o abbinando con disinvoltura e senza la volontà di stupire le scarpe da tennis con il vestito o l’abito da sera.
Da TopShop, una delle catene d’abbigliamento più innovative, nel negozio londinese di Oxford Street - locato strategicamente nella topografia urbana come uno spartiacque tra la zona più vitale e confusionaria dei mille negozi di gadget e musica e quella chic dei department store - è possibile trovare accostati insieme i top e le t-shirt da 8£ con le nuove collezioni di Comme des Garçons disegnate appositamente per la catena. I consumatori, specie quelli più giovani, grazie alla fantasia e alla loro capacità combinatoria, riescono a manipolare vecchio e nuovo, elegante e classico creando uno stile personale, unico e inimitabile.
Lo stesso è avvenuto per la musica con il fenomeno, risalente ad un paio di anni fa ma ancora rimasto attuale e interessante, del mash-up (chiamato anche Bastard Pop), in cui un manipolo di deejay sovrappongono due o più canzoni di stili musicali diversissimi (il jazzista Herbie Hancock con gli AC/DC, Kylie Minogue con i Joy Division): il risultato dell’alchimia è qualcosa di totalmente nuovo e che peraltro dona nuova linfa e nuove emozioni alle canzoni originali. Anche nei gusti musicali le generazioni più giovani non distinguono più le canzoni commerciali da quelle alternative, i suoni mainstream da quelli indie ma, grazie anche alla nuove tecnologie e alla rete, i ragazzi mixano con disinvoltura i generi e le sottoculture. In alcuni campi e per certi target quindi il termine “consumatore” diventa assolutamente fuori luogo e privo di senso: meglio allora chiamarlo “prosumer” colui cioè che nell’acquisto e nel consumo riesce a produrre qualcosa di nuovo e personalizzato.
La passione combinatoria del taglia e incolla creativo non risparmia neppure i linguaggi: "Sin City" di Roberto Rodriguez e Frank Miller (come del resto anche il primo Kill Bill di Tarantino) grazie all’abbinamento tra bianco nero e colore, la struttura da video game e fumetto con la spy story classica, esplora una nuova estetica e un nuovo linguaggio cinematografico.

L’individualismo imperante della nostra società da una parte e la diffusione rapida e democratica delle nuove tecnologie dall’altra, hanno permesso il passaggio per molti mercati dalla produzione di massa alla personalizzazione di massa e all’apologia delle differenze e delle diversità che rappresentano la linfa vitale della mash culture: ovviamente questi fenomeni sono più frequenti in quelle società dove vi è un’alta percentuale di multiculturalismo caratterizzato da un mix di razze ed etnie. Ci troviamo di fronte uno scenario in cui la flessibilità mentale e la dinamicità creativa della domanda è ben più avanti e sofisticata rispetto ad un’offerta che invece arranca. La sfida per le aziende questa volta si presenta più ardua del solito: come possono offrire alle persone ciò che vogliono, se tutte vogliono qualcosa di diverso? Un tempo era semplice: si individuava un target, si verificava dove viveva, quanto guadagnava, cosa desiderava e il gioco era presto fatto. Adesso non è più così. Per le aziende è necessario coinvolgere sempre più il nuovo "consumatore creativo" alla fase di progettazione del prodotto e alla sua comunicazione: la Toyota ha lanciato sul mercato statunitense un modello (Scion) pensato per i giovani e totalmente personalizzabile sul punto vendita: nelle concessionarie il cliente può direttamente creare al computer il modello virtuale dell’auto che desidera acquistare. Converse, l’azienda produttrice di scarpe, offre la possibilità a tutti i suoi clienti di partecipare alla gara per proporre la propria campagna pubblicitaria televisiva per i nuovi modelli di scarpe che verrà poi trasmessa su MTV.

Saturday, August 27, 2005

 
La Settimana Incom
Estate Chimica


Il Foglio - Sabato 27 Agosto 2005

Sole accecante, spiaggia morbida e bianca, mare celeste, brezza di vento continua, kitesurfer professionisti e ragazze abbronzantissime in topless e perizoma a fare da coreografia, muscolosi baywatch che osservano dall’alto. A raccontarlo sembra di stare nella spiaggia di Rangiroa, Santa Monica o Mahe. Macchè.
Siamo a Rosignano Solvay, Livorno, Toscana, Italia.
Siamo alle "SpiaggeBianche": un chilometro di costa che si estende lungo la via Aurelia tra Rosignano Solvay e Vada. Sulla carta, e nelle foto, un autentico paradiso.
Ma diciamola tutta.


La sabbia è bianca a causa del bicarbonato di calcio derivante dagli scarti di lavorazione della Solvay - la multinazionale belga che estrae salgemma dai giacimenti di Volterra e della Val di Cecina per la produzione di soda, sale, bicarbonato e cloro - i cui stabilimenti neogotici si ergono dietro questa striscia lunare; per circa mezzo chilometro c’è il divieto di balneazione in prossimità del cosiddetto Fosso Bianco, un rivo artificiale che funziona da scarico industriale; nell’intero tratto di costa poi non c’è traccia di vita: né conchiglie, né alghe, né pesci, né qualsivoglia specie marina.
La situazione è in realtà più complessa e stratificata di quanto si può immaginare: da una parte c’è la Solvay che, nell’occhio del mirino, ha investito molto negli ultimi anni in impianti di depurazione, ricevendo anche premi e onorificenze da parte di Legambiente. Dall’altra ci sono le statistiche che rivelano tra gli abitanti della zona un tasso di incidenza tumorale più alto della media, il fiume Cecina che rimane asciutto per i massicci prelievi d’acqua dello stabilimento e infine il rischio, sempre paventato mai realmente provato, della contaminazione di mercurio nei fondali.
Resta il fatto che le spiaggebianche rimangono un luogo di culto assoluto: il riverbero dei raggi del sole sull’acqua e sulla sabbia bianchissima assicurano in breve tempo un’abbronzatura caraibica e i maniaci della pelle scura accorrono qui da mezza Toscana ad inizio stagione per "farsi la base", salvo poi non fare troppi bagni di mare e vedere la propria abbronzatura sciogliersi e sbiancarsi.
Le spiaggebianche sono il luogo prediletto per fotografi di moda o per quelle case di produzione pubblicitarie che non possono permettersi viaggi oltreoceano: dal cavallo bianco della Vidal alle foto per i cataloghi dei costumi da bagno, in molti hanno usato la spiaggia bianca e chimica come location per i propri set, stando sempre attenti che la macchina da presa non andasse a scoprire i fabbricati geometrici e fumanti della Solvay.
Lungo tutta la riviera livornese le spiaggebianche rimangono comunque l’unica area di spiaggia libera vasta e accessibile a tutti, dove vi è lo spazio per poter giocare a pallone e a frisbee, imparare il windsurf da istruttori preparati o esibirsi in topless. Peraltro negli ultimi anni si è messa in moto una sorprendente macchina organizzativa: un consorzio delle cooperative rosse legato al comune di Rosignano ha preso in gestione tutta l’area delle spiaggebianche, dal parcheggio al bar fino al noleggio delle attrezzature praticando dei prezzi ben al di sotto della media (2,5€ per il parcheggio custodito e 4€ per un ombrellone e due sdraio per tutto il giorno). Questa nuova veste ha attirato un pubblico composto da famiglie assortite e il luogo, almeno in alta stagione, ha perso quella patina di coolness giovanile che aveva fino a qualche anno fa quando, durante l’ultimo sabato di Luglio, veniva organizzata la “Sangriata” un megaparty notturno - sulla scia del Big Beach Boutique creato dal dj Fat Boy Slim sulla spiaggia di Brighton - che richiamava più di trentamila ragazzi ma che quest’anno non ha avuto luogo.
Con le sue mille contraddizioni e mutamenti la spiaggia bianca di Solvay resta un luogo affascinante, ideale per racconti postmoderni come l’ultimo bel romanzo della scrittrice Paola Presciuttini ("Non dire il mio nome" - Meridiano Zero) dove la protagonista, alla ricerca della propria identità sessuale, vive la sua incerta e tormentata adolescenza in una casa tra una "riscia di sabbia bianca come il talco e una fabbrica che luccica come un’astronave".

Thursday, August 25, 2005

 

L'amore è cieco. Almeno quello per i jeans Levi's.

Vanity Fair - 1 Settembre 2005

Inizialmente sembrano immagini pubblicitarie come tante altre: giovani modelli immortalati in gesti di vita quotidiana nelle loro abitazioni come guardarsi allo specchio o vestirsi. Poi, però, si nota che c’è qualcosa di strano: quella luce scura, quello sguardo e, soprattutto, le frasi che accompagnano i ritratti. Un esempio? "Io credo nell’amore a primo tocco".
Mistero svelato: i testimonial della nuova campagna Levi's - che partirà a Settembre anche in Italia -sono ragazzi parzialmente o totalmente non vedenti.
L’agenzia creativa BBH della campagna dopo una serie di colloqui ha scoperto che le persone non vedenti instaurano un rapporto con i propri vestiti molto particolare e i loro criteri di scelta privilegiano la vestibilità e la qualità dei materiali.
Gli scatti sono del fotografo inglese Glen Luchford, uno dei preferiti di Kate Moss.

Wednesday, August 24, 2005

 
Libri
LOVEMARKS – Kevin Roberts
Pp. 224 Mondadori - € 24,00


Kevin Roberts non deve essere simpatico. Deve essere uno di quei tipi inguaribilmente ottimisti ed entusiasti, insopportabilmente curiosi che riempiono le conversazioni, anche quelle informali, di frasi tipo "Impara dai tuoi errori" o "Niente è impossibile". Ma deve essere anche imprevedibile e un po’ pazzo. Grazie anche a questo suo carattere è riuscito a costruirsi una brillante carriera. Semplice impiegato da Mary Quant nel 1969 si è poi imbarcato in avventure manageriali rischiose ma di successo: Product Manager della Gillette in Medio Oriente, direttore marketing dei prodotti per la pulizia della casa Procter & Gamble nei paesi arabi, Presidente e Amministratore Delegato di Pepsi in Canada (dove riuscì a sorpassare nelle vendite il leader Coca-Cola), responsabile del lancio di una famosa birra neozelandese in Cina e nel sud-est asiatico, e infine capo planetario della Saatchi & Saatchi la più famosa agenzia pubblicitaria nel mondo.
Nel corso della sua carriera Kevin Roberts ha sempre cercato di dare ai brand che gestiva e promuoveva quel qualcosa in più, un valore aggiunto che andasse oltre alle caratteristiche funzionali del prodotto: un legame emotivo con i consumatori, una "relazione" che potesse sfociare in qualcosa di più del semplice apprezzamento che si prova per alcuni marchi preferiti. Una fedeltà oltre la ragione: in poche parole Amore. Lovemarks parla d'amore.
I Lovemarks sono, secondo Roberts, tutti quei brand che riescono a sviluppare un contatto intimo e personale con i propri consumatori: brand capaci di raccontare grandi storie, che coinvolgono, comunicano passione e creano miti e icone. Il passaggio da brand a Lovemark non viene quindi stabilito dagli uffici dei marketing delle aziende ma deciso direttamente dal consumatore che dichiara amore e fedeltà eterna, passando anche sopra eventuali mancanze di innovazione o convenienza. Kevin Roberts nel libro racconta una serie d’efficaci case history di brand che sono diventati lovemarks per milioni di consumatori: Apple per i computer, Harley Davidson per le moto, Starbucks per i caffè, Guinness per la birra, Google per i motori di ricerca su internet. L’amore per i lovemark trasforma i consumatori nei più efficaci promotori del brand (il caso dei fans di Apple sono sotto gli occhi di tutti) e nei migliori consulenti per l’azienda produttrice - e tutto questo a titolo gratuito - al punto che Roberts li definisce “consumatori ispiratori”. Il libro, che è diventato uno dei testi fondamentali del marketing, a tratti è un po’ irritante, specialmente quando l’autore cita i casi dei marchi o delle campagne a cui lui stesso ha lavorato, lodandole e lodandosi oltre ogni limite. Del resto, è pur sempre un pubblicitario.

Wednesday, August 17, 2005

 
Il pubblicitario del presidente

Duda rifece l'immagine a Lula, ora contribuisce a distruggergliela

Il Foglio - 17 Agosto 2005

Dietro ogni grande politico c’è uno stratega del marketing. Tony Blair si è servito di Trevor Beattie, il talentuoso e assai discusso ex presidente dell’agenzia pubblicitaria TBWA, come responsabile della campagna di comunicazione dei Labour nelle due ultime elezioni britanniche; la costruzione del lato pop di George W. Bush è stata opera del suo ex media advisor, il texano (e democratico) Mark McKinnon, che ha messo in mano al presidente per la prima volta un iPod con "My Sharona" e "Brown Eyed Girl" di Van Morrison. Può accadere però che chi fino ad allora si era occupato di far acquistare alle massaie merendine o smacchiatori, una volta alle prese con valori e temi un po’ più di peso che "alta qualità e basso prezzo", venga pervaso da un delirio di onnipotenza.
E’ quello che dev’essere successo a José Eduardo (Duda) Mendonça, ex pubblicitario ormai guru riconosciuto del marketing politico brasiliano, principale fautore della vittoriosa metamorfosi del presidente in carica Luiz Inacio Lula De Silva (Lula). Ora, a causa delle sue recenti accuse di corruzione, Duda si è trasformato nel principale carnefice del governo.
Mendonça era stato fondamentale per l’elezione di Lula, al punto tale da aver seriamente alterato i principi cardine del Partido dos Trabalhadores che doveva rappresentare. Nel 2002, dopo otto anni di presidenza del socialdemocratico Fernando Henrique Cardoso, non più rieleggibile, era giunta l’ora di un cambio della guardia. Il momento era propizio per la vittoria di Lula, sconfitto nelle precedenti tre candidature. C’era però un problema: i sondaggi dicevano che gran parte dell’elettorato considerava la figura di Lula e quella del suo partito potenzialmente minacciose. Fu chiamato quindi Duda, il pubblicitario già artefice dell’elezione del candidato di destra Paulo Maluf, dopo innumerevoli sconfitte, a sindaco di San Paolo. Duda inizialmente si occupò del coordinamento d’immagine della campagna: innanzitutto ridimensionò la presenza della bandiera del Partito dei Lavoratori - una stella bianca con le iniziali del partito (PT) su fondo rosso, che aveva contraddistinto tutte le campagne del partito - sostituendola con altri simboli ispirati ai colori della bandiera brasiliana. Poi rivoluzionò completamente il modo di porsi di Lula e così il look descamisado del sindacalista barricadero fu sostituito dai più rassicuranti completi Armani. L’obiettivo della campagna elettorale era mostrare come il candidato Lula fosse cambiato negli ultimi anni: anche i toni delle dichiarazioni elettorali non erano più quelli del "rospo barbuto" e dell’incazzoso sindacalista ma del nuovo "Lula light", ovvero un signore con la barba curata che aveva come slogan "Lulinha paz y amor".

"E’ il Roberto Carlos del marketing politico" dicono di lui e proprio come il popolarissimo cantante romantico brasiliano anche Duda proviene da Bahia, lo stato più selvaggio e primitivo del Brasile, specialmente se confrontato con le cosmopolite Rio e San Paolo: a Bahia l’opinione pubblica si forma tra il candomblè (antico culto popolare di origine africana), le ultime puntate delle telenovelas e i risultati del campionato di calcio. La strategia di Duda, è la stessa adottata per gli altri politici per cui ha lavorato: livellare e normalizzare il candidato, smussandone gli angoli e le opinioni più estreme o radicali, trasformando così anche il duro e roccioso Lula in un doroteo. Per far ciò l’azione di Duda Mendonça non si è limitata solo a una consulenza sulla campagna elettorale, ma è proseguita per tutta la durata del mandato, coinvolgendo direttamente l’agenzia di stampa e le varie società di comunicazione di sua proprietà. In un’intervista data qualche tempo fa a un giornale di San Paolo, il ministro per l'Informazione del governo ha ammesso, praticamente, che Duda agisce come un "Ministro della Propaganda", una specie di Goebbels tropicale, convogliando nei media da lui controllati i bollettini del governo. Fino alla bomba, alla deposizione resa da Duda alla commissione parlamentare d'inchiesta sulle Poste di avere ricevuto parte del suo compenso (quasi 3 milioni di euro) in un paradiso fiscale: pur avendo escluso più volte il coinvolgimento diretto di Lula, tutto ciò ha indebolito fortemente il presidente e il partito "etico" dei lavoratori.
Non è ben chiaro cosa ci sia dietro le dichiarazioni del pubblicitario, se sia un atto di moralizzazione del paese oppure una strategia politica più oscura e complessa, ma certo il lacrimoso messaggio di Lula alla nazione non è stato scritto da Duda Mendonça.

Thursday, August 11, 2005

 
Campagne di sinistra, dai bigliettini agli "esemeski"
"Guerrilla Marketing", croce e delizia del candidato alle primarie.

Il Foglio - 11 Agosto 2005

Inutile tentare di fare propaganda aprendo un blog che, dopo la prima settimana di produttiva euforia, non viene più aggiornato da nessuno; improduttive ed esose le cene elettorali ai ristoranti, anacronistici ormai i comizi in piazza. A volte lo strumento di propaganda politica più efficace può essere anche l’oggetto più banale e d’uso quotidiano, come ad esempio il post-it. Popolare, democratico, economico, accessibile e, soprattutto, partecipativo. Questo devono aver pensato i tipi di Proforma, l’agenzia di comunicazione già responsabile delle vittoriose e aggressive campagne di Nichi Vendola alla presidenza della regione Puglia e del sindaco di Bari Michele Emiliano, quando hanno proposto a Fausto Bertinotti di utilizzare i fogliettini gialli (strumento peraltro già ampiamente utilizzato per la promozione di film, prodotti e novità discografiche) come uno dei media alternativi da inserire nel marketing mix per la campagna alle primarie dell’”Unione” del 16 Ottobre.
Poco importa se i post-it (o meglio Post-it® come riportato nel sito del candidato, le regole della globalizzazione innanzitutto) fanno capo alla 3M, multinazionale statunitense da 18 miliardi di dollari accusata da alcune associazioni come il WWF di condurre e commissionare esperimenti su animali e che per anni ha prodotto sostanze tossiche come l’acido perfluoroctanico: Bertinotti alla presentazione della propria candidatura in una libreria romana ha semplicemente fatto riferimento a dei foglietti senza citare né marchi, né aziende.
La campagna in questione ha come titolo "Voglio" e per ora è solo attiva sul sito web di Fausto Bertinotti (http://www.faustobertinotti.it): dal 20 Agosto saranno poi distribuiti in tutti i comitati e i circoli di Rifondazione blocchetti di post-it con prestampata la scritta “Voglio” ed uno spazio vuoto che gli elettori potranno riempire a proprio piacimento inserendo ciò che desiderano chiedere a Bertinotti qualora diventasse il candidato della sinistra alle prossime elezioni: i post-it poi potranno essere attaccati sui muri delle strade, nei bar ed anche di fronte alla sede di Botteghe Oscure.
Strumento partecipativo si, ma pure pericoloso: il rischio infatti è quello di poterci trovare le peggiori castronerie che, pertanto, si intendono anche sottoscritte dallo stesso Bertinotti. Ma questo è il "guerrilla marketing" che tanto piace ai giornalisti del Manifesto e questi sono i rischi che si devono correre se si vogliono sperimentare strumenti e tattiche alternative.
Gli altri candidati per la campagna elettorale puntano invece sulla varietà dei mezzi di trasporto: Alfonso Pecoraro Scanio ha scelto di girare su e giù per lo stivale con una barca a vela, ovviamente a basso impatto ambientale, e con altri mezzi ecologici come autobus elettrici e biciclette. Romano Prodi per il suo tour nelle piazze italiane ha invece puntato tutto su un TIR giallo lungo 15 metri che funzionerà anche come palco per ospitare incontri e dibattiti. Insomma, niente di nuovo sul fronte occidentale.
Qualche nuova arriva invece dalla Russia: dopo decenni di falce e martelli, bandiere rosse e slogan prolissi, i comunisti russi stanno considerando l’opportunità di utilizzare come mezzi principali per la propria propaganda i messaggi del telefonino (esemeski), internet e forme di street advertising come i graffiti. L’obiettivo è quello di allargare la base, formata essenzialmente da pensionati che supportarono e salvarono il partito per difendere i propri risparmi dalla forte inflazione dei primi anni Novanta, ed attirare l’attenzione dei giovani russi. Il problema è che a seguito delle ultime elezioni del 2003 il partito ha perso anche il minimo controllo sulla televisione e in generale sui mezzi d’informazione. Gennady Zyuganov, presidente del partito comunista russo, durante uno degli ultimi congressi ha esplicitamente comunicato di voler utilizzare e valorizzare il brand del partito. Magari si farà consigliare direttamente dalla Nokia.

Friday, August 05, 2005

 
Ecco la pubblicità travolta dall'onda

Dopo lo tsunami, stop a tutti gli spot sull'acqua. Adesso, però, la Pepsi...

Vanity Fair - 11 Agosto 2006

Il maremoto del 26 Dicembre che colpì lo Sri Lanka, l’Indonesia, India e Maldive oltre ai tragici effetti che tristemente conosciamo, riuscì anche a travolgere pubblicità e comunicazioni. Alcune compagnie si trovarono così a dover ridefinire drasticamente le proprie strategie di marketing più immediate: la Toyota canadese, ad esempio, fu costretta ad annullare il lancio del proprio modello Celica Tsunami e a ritirare tutto il materiale pubblicitario in circolazione e, in seguito, a sostituire il nome dell’auto con il più "sicuro" Celica Sports Package: la multinazionale americana Pepsi avrebbe dovuto lanciare in grande stile, con un mega-evento di presentazione a Madrid nel mese di gennaio, la campagna pubblicitaria “Surf” ma, dopo la tragedia dello Tsunami, decise di congelarla.
Nello spot il testimonial David Beckham ed altri celebri calciatori - tra cui Ronaldinho, Thierry Henry, Roberto Carlos, Raul Gonzales, Fernando Torres e Rafael Van Der Vaart - si trovano in una spiaggia di surfisti alle isole Fiji e decidono di improvvisare una partita a pallone usando, come campo di gioco, l'oceano e le sue gigantesche onde, cavalcandole con le tavole da surf. Oltre a rinviare la messa in onda della campagna, la Pepsi Foundation si fece promotrice di una donazione di un milione di dollari per le vittime della tragedia.
Dopo sette mesi si potrà finalmente vedere lo spot milionario (che in realtà è stato girato a 40 km da Madrid, con piscine e macchine delle onde che movimentavano 28.000 litri d’acqua e con la spiaggia creata portando oltre 200 tonnellate di sabbia direttamente dalle Fiji) ma non in televisione: la Pepsi, con un atto d’estrema prudenza e per rispetto alle 350.000 vittime dello tsunami, ha deciso che "Surf" sarà visibile solo su internet in un sito creato appositamente (http://www.thirstforfootball.com). Mentre alcune immagini sono state utilizzate per una campagna di affissioni appena lanciata in tutta Italia.
Lo spot è stato diretto dal Tarsem Singh e la colonna sonora utilizzata è "Misirlou" di Dick Del and his Del-Tones resa celebre da Quentin Tarantino in "Pulp Fiction".

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