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Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Wednesday, July 31, 2013

 
Le rivoluzioni del settore pubblicitario e le anticipazioni di "Mad Men" 

Il Foglio - 30 Luglio 2013


Nel mondo dell'advertising le fusioni sono all'ordine del giorno, quasi una routine.
Tutte le varie sigle delle principali agenzie pubblicitarie (BBDO, TBWA) sono frutto di operazioni di merger & acquisition. Fondendosi tra loro le agenzie riescono ad avere una maggiore forza contrattuale nei confronti dei clienti in sede di gara e a sfruttare certe economie di scale del terziario avanzato, ma spesso sono anche generatrici di crisi e aspri conflitti al proprio interno.
Gli amanti delle serie tv americane questo lo sanno bene. Nella seconda e sesta stagione di Mad Men (quest'ultima ancora inedita in Italia), la serie culto sul mondo pubblicitario negli anni 60, l'agenzia Starling & Cooper passa attraverso la fusione con l'agenzia inglese Puttnam, Powell & Lowe, finita poi malamente, e poi con la sua principale concorrente Cutler Gleason Chaough per poter vincere la gara per assucurarsi il cliente Chevrolet, creando però anche forti tensioni tra i soci delle rispettive agenzie.
Ma oggi nel 2013 le grandi operazioni non si fanno più tra le singole agenzie, bensì tra i grossi gruppi di comunicazione che possiedono non solo agenzie di advertising ma anche agenzie di pr, centri media e digital agency. La fusione franco-americana tra Publicis e Omnicom Group comunicata improvvisamente nel pomeriggio di domenica si inserisce in questo contesto, diventando leader mondiale del mercato pubblicitario con un fatturato complessivo di 23 miliardi di dollari e superando WPP, il gruppo inglese di Martin Sorrell, fino a l'altro ieri al vertice del comparto dell'advertising (con 17 miliardi di dollari di revenue).
Ma alla fine in questa fusione e conseguente ulteriore concentrazione del mercato della comunicazione, chi è che vince e chi perde?
Sicuramente a vincere è Maurice Levy a capo di Publicis, vero fautore dell'operazione, che a 71 anni non dovrà più pensare al proprio diretto successore, ma potrà pianificare in grande il futuro del proprio gruppo, al di là degli inevitabili problemi futuri con l'antitrust. L'altro grande vincitore è il vero asset di questi ultimi anni, ovvero i “big data”, l'enorme mole di dati e informazioni digitali che oggi permettono di prendere decisioni più efficaci e raggiungere precisamente il target: John Wren, CEO di Omnicom ha dichiarato che l'obiettivo dell'operazione è essere più forti nel settore digitale e nella pubblicità data-driven. Non dobbiamo però dimenticare che, in fondo, i dati non appartengono a Pubblicis Omnicom, bensì ai propri clienti. Paradossalmente, a vincere sono anche i concorrenti più piccoli: 130.000 dipendenti del gruppo significa burocrazia, lotte interne e decisioni pachidermiche. Brad Kay, presidente della piccola agenzia creativa indipendente SS+K ha dichiarato che i prossimi mesi saranno strategici per andare a caccia dei clienti più interessanti (e insoddisfatti) in casa Publicis-Omnicom.
A perdere in questa operazione – oltre a Martin Sorrell – sono proprio i clienti delle agenzie facente parti del gruppo (in casa Publicis c'è Saatchi&Saatchi e Leo Burnett, mentre in Omnicom le americane BBDO, DDB e TBWA). Oggi le aziende sono alla ricerca di una maggior agilità, di strutture snelle per prendere decisioni rapide, quasi in tempo reale, in un mondo complesso e in continua mutazione. E poi c'è il problema di risoluzione dei conflitti tra i propri clienti: Omnicom ha lavorato a lungo con Pepsi, mentre Coca-Cola è un cliente Publicis, stessi problemi con le “telefoniche” AT&T e Verizon, big-spender e acerrimi concorrenti del mercato.
In Mad Men problemi del genere – nel caso specifico si trattava di compagnie aeree e marchi di automobili - rischiano di far saltare più volte l'operazione (e i nervi dei soci), e si sa come la fiction riesca ad anticipare perfettamente la realtà.
Infine la grande sconfitta di questa mega-operazione potrebbe proprio essere la creatività. In fondo la pubblicità è un business molto semplice: le agenzie aiutano i clienti a far crescere il proprio business, costruendo e comunicando i brand e trovando nuovi clienti. Queste holding che si vengono a creare rischiano di aggiungere solo complessità, rimpastare organigrammi e far perdere tempo al lavoro quotidiano solo per far accrescere il valore finanziario del gruppo.


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