EmmeBi Attached

Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Monday, January 24, 2011

 
British (series) Invasion 

GQ.COM


Noi italiani, storicamente, siamo sempre un po' in ritardo su tutto quello che riguarda lo spettacolo e, in generale, le tendenze culturali.
Ad esempio, le serie tv.
Oggi va molto di moda dire di vedere in tv soltanto le serie, puntualizzando “Serie Americane” (quelli ancora più snob aggiungono anche i documentari). Peccato però che da circa tre anni, ovverosia da quando c'è stato lo sciopero degli autori e degli sceneggiatori, dagli States non arrivino più – tranne rare eccezioni – sit-com esilaranti o serie drammatiche davvero appassionanti e originali.
Ecco la dritta giusta: lasciate perdere per un po' le serie d'oltreoceano e dedicatevi a quelle nuove provenienti dall'Inghilterra.
In verità le serie inglesi hanno una tradizione più che trentennale, basti pensare a Doctor Who (che resiste dal 1963, con un livello di culto invidiabile) o alle esilaranti situation comedy di puro british humor (qualcuno per caso ricorda George & Mildred?), però da qualche anno la qualità della scrittura e la varietà degli argomenti trattati sono davvero cresciute. Gli americani se ne sono accorti da tempo e infatti, in piena crisi d'ispirazione, hanno iniziato a fare remake e rivisitazioni per il mercato d'oltreoceano (e globale) di serie quali The Office (quella di Ricky Gervais), Life on Mars e Skins con risultati decisamente inferiori rispetto alle originali. Mentre le serie targate USA tendono da qualche anno a ripetere vecchi cliches, sceneggiature non sempre adeguate, caratterizzazioni discutibili e stereotipate, le british series sono vivaci, originali, forniscono varie chiavi di lettura, con personaggi mai banali e con dialoghi intelligentemente politically uncorrect (ad esempio gli sketch di Little Britain trasmessi in Italia da MTV).
Ma quali sono queste serie UK e quali possono essere viste in Italia?
Luther (prima Stagione in onda il giovedi h 21.00 su Fox Crime), un classico procedurale che però, a differenza dei canonici a stelle a strisce, mette in campo personaggi complessi e sfaccettati: da un parte Luther, detective geniale e poco incline alle regole ma tormentato dai propri demoni interiori, dall'altra una psicopatica omicida in bilico tra essere sua nemica e il ruolo di musa oscura. In mezzo una Londra grigia e cinica.
Misfits (prima stagione in onda il lunedì h.22.45 su Fox) una serie originale che nel raccontare le storie di cinque ragazzi disadattati costretti ai sevizi sociali che ricevono da un fulmine dei superpoteri, affronta il degrado umano e urbano dei giovani che vivono nelle suburbs. Il tutto con una sceneggiatura quasi perfetta, personaggi credibili, scene e linguaggio crudo e toni da commedia.
IT Crowd (le prime due stagioni sono in onda su Steel la domenica alle 21.00, in Uk sta per partire la quinta stagione) sitcom super geek che racconta le vicessitudini degli impiegati nerd che lavorano nel relegato scantinato dell'Information Technology di una grossa azienda. Molto, molto divertente. E' uscita anche un deludente remake USA.
Sherlock (in onda dal 18 febbraio su Joi) Scordatevi le polverose rivisitazioni o la versione cinematografica di Guy Ritchie. Sherlock non è un restyling o un “liberamente tratto” dal romanzo di Conan Doyle, ma la più fedele trasposizione ambientata però ai giorni nostri. Tre episodi da 90 minuti: intelligenti, brillanti, intensi. Forse la miglior serie vista quest'anno. Da non perdere assolutamente.  
Downton Abbey (per ora non è prevista una programmazione in Italia) Le serie d'epoca sono da sempre il fiore all'occhiello della produzione inglese. Downton Abbey è una villa edoardiana imponente e affascinante all'interno della quale vive la famiglia Crawley, esponente di una nobiltà in rapida decadenza. Intorno a loro una servitù che lotta per emergere e la nuova borghesia con pretese di grandeur. Uno splendido affresco sociale in sette episodi con un cast stellare (Maggie Smith, Elisabeth McGovern..).
Per concludere, la supremazia delle produzioni inglesi è così evidente che è stata scritta una serie sull'argomento. Si intitola Episodes ed è la storia di una coppia sposata di autori che si trasferiscono a Los Angeles per curare il remake americano della loro serie. Quando la fiction (una coproduzione UK-USA) copia la realtà. Dubito però che anche questa arrivi in Italia.

Friday, January 14, 2011

 
IL NUOVO ORDINE MONDIALE

Ecco perché le nuove tribù saranno più importanti dei vecchi confini tra gli Stati

GQ - Gennaio 2011

Mentre siamo ancora qui a cercare di capire quali siano i confini della Padania o a interpretare gli effetti dell'ennesima speculazione di borsa o manovra delle banche centrali sui paesi di Eurolandia (a proposito, si può cambiare nome? Non so, una roba tipo Eurozona, qualcosa che suoni meno “parco di divertimenti”...), il mondo si muove, si evolve, cambia forma e muta le proprie dinamiche. Lo avevamo capito da qualche anno che i vari G8, G9, G14 e G20 stavano lentamente perdendo senso e potere decisionale (l'ultimo vertice di Seoul lo conferma), e che si stava prospettando una nuova geografia politica, una mappa basata su nuovi parametri e confini.
Troppo facile e superficiale dividere il mondo in rigide e statiche categorie: Super Potenze Mondiali (gli Stati Uniti, nel frattempo, stanno perdendo posizioni in tutti i campi), Paesi Emergenti (sempre gli stessi: anche loro saranno ormai emersi..), Paesi in Via di Sviluppo (intanto il Brasile, ancora considerato “minore”, sta rapidamente evolvendo) e Terzo Mondo (tutta l'Africa, senza alcuna distinzione di stato, regime politico, ricchezza di materie prime etc..), come se negli ultimi trent'anni non fosse successo niente, come se gli equilibri fossero rimasti gli stessi.

Se è vero che oggi il benessere di un paese non si misura più dal PIL, allora è altrettanto corretto dire che i confini di geografia politica imparati a scuola hanno oggi, in un'ottica globale, sempre meno valore.
Ci mancava solo qualcuno che traducesse tutto questo in una nuova mappa ragionata.

L'articolo che segue di Joel Kotkin, noto geografo-economista-demografo statunitense, e impreziosito dall'originale infografica di GQ, non vuole rappresentare la definizione di un nuovo ordine mondiale, ma semplicemente il tentativo di leggere la geografia in modo più complesso, tenendo conto dei fattori di ordine politico ed economico, ma facendo entrare in campo anche nuovi temi, seppur antichi e ancestrali, di natura religiosa ed etnica, quasi tribali. Lo sguardo dritto verso il futuro e, nel contempo, il ritorno alle radici.
Un'occasione per farci capire che le cose sono cambiate e che cambieranno ancora. E che oggi non possiamo più permetterci di avere delle certezze, nemmeno sulla geografia.
Chiamiamolo un nuovo punto di partenza.

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