EmmeBi Attached

Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Monday, April 30, 2007

 
Senza complicazioni

Style Magazine - Maggio 2007


Riduci, organizza, risparmia tempo, impara, sottrai l’ovvio e aggiungi il significativo: sono solo cinque dei dieci imperativi contenuti nel libro “Le leggi della semplicità” (Bruno Mondadori) scritto da John Maeda, vice president del Medialab del Mit di Boston, artista multimediale e consulente di importanti multinazionali hi-tech. Il libro tratta del rapporto tra noi e la tecnologia che rischia di diventare sempre più critico e conflittuale. “E’ fisicamente impossibile produrre strumenti sempre più piccoli, potenti e ricchi di funzioni senza che questi siano anche più difficili da usare” dice Maeda “Le persone finiranno per rifiutare la tecnologia. E questo cambierà il mercato. Anzi, sta già cambiando”.
La tecnologia può aiutarci a vivere diversamente e forse meglio, ma la quantità di tecnologia non è (quasi mai) sinonimo di qualità d’uso. Ci perdiamo sempre più nei meandri di menu e sottomenù, pulsanti astrusi, oggetti dalle forme complicate, prodotti all’avanguardia nei loro contenuti ma indecifrabili nell’immediatezza dell’uso quotidiano.
Molte aziende hi-tech hanno perciò iniziato a modificare la loro “visione”: Philips addirittura ha incentrato la propria filosofia aziendale sul concetto di “semplicità”, creando eventi, dibattiti e realizzando una linea di prodotti innovativi semplici da usare e destinata a migliorare la vita delle persone, preconizzando anche gli scenari futuri e possibili. Con il progetto “simplicity” Philips ha evoluto questo concetto cercando di indirizzare la tecnologia verso ciò che è più desiderabile e sostenibile, come ad esempio “l’albero dell’aria”, un piccolo “albero tecnologico” che consente di impostare il livello di umidità in casa.
La semplicità e l’essenzialità di un prodotto hi-tech appare a molti come sinonimo di qualità. I prodotti Apple, per esempio, hanno fatto della propria pulizia estetica e della semplicità delle funzioni il loro punto di forza e l’iPod ne è un brillante esempio.

Semplicità significa anche avere prodotti capaci di svolgere in modo eccellente una singola funzione: una recente ricerca della rivista Neuron ha rivelato che l’uso di oggetti multitask riduce del 40% l’attenzione e la concentrazione dell’utilizzatore, rispetto all’impiego di prodotti hi-tech monofunzionali.
Semplificarsi la vita, questo sembra oggi sembra oggi uno dei nostri obiettivi principali: del resto anche il Dalai Lama sostiene che “la semplicità sarà la chiave per la felicità nel mondo moderno”.

Wednesday, April 18, 2007

 

MAI VOLER CONOSCERE UN IDOLO DA VICINO

Michael Moore fatto a pezzi dal documentario di due suoi (ex) fans

Il Foglio - 18 aprile 2007

Regola numero uno: sei hai un idolo, evita di conoscerlo da vicino. Se si ha l’occasione di poter approfondire la conoscenza di una persona che ammiriamo per il carattere, la competenza professionale o per il modo di pensare, la cosa principale da fare è scappare via rapidamente, il più lontano possibile. L’alta aspettativa richiama quasi sempre una sonora delusione.
La letteratura ci ha offerto negli anni un’ampia casistica, da Flaubert a Stephen King: il passionario, respinto dall’oggetto del suo desiderio, si può trasformare in un mastino schiumante di rabbia.
Ma lasciamo da parte la fiction e passiamo alla cronaca. E’ il caso di Rick Caine e Debbie Melnyk, marito e moglie di Toronto, registi di documentari con la comune passione per Michael Moore, l’uomo che ha rilanciato il genere trasformandolo in un blockbuster, in un culto da festival europeo, ma anche in uno straordinario strumento di propaganda politica (che poi si è rivelata controproducente per le elezioni presidenziali, ma questa è un’altra storia). Insomma, la coppia decide che il quarto film sarà proprio dedicato all’amato regista. La prima cosa da fare è, ovviamente, intervistarlo: Caine & Melnyk sanno già che non sarà impresa facile, ma Moore non potrà certo rifiutare l’offerta da parte di una coppia di colleghi liberal. Il regista però si nega. Due, tre, quattro volte. E lo fa anche in modo antipatico e scostante. Anzi, a pensarci bene, adotta le stesse tecniche utilizzate dai suoi intervistati: guardie del corpo facilmente irritabili, portavoce che chiedono le autorizzazioni a filmare, mani sulle telecamere, eccetera. Come da cliché.
Intervista o no, “Manufacturing Dissent” - il titolo del documentario - va comunque girato. Così i due, leggermente incazzati ma sempre sul pezzo, cominciano ad analizzare la particolare tecnica di Moore, quella cioè di trasformare il cinema documentaristico in cinema tout court. La cifra stilistica del regista è proprio quella di sbilanciare, spesso in modo azzardato, la cronaca drammatica in puro esercizio di stile da fiction, attraverso un sapiente uso del montaggio o del ralenti, travestendolo però da oggettivismo documentaristico. In particolare i due desiderano investigare sul suo lavoro di documentazione. Ed è qui che si scoprono gli altarini.
Il più evidente riguarda il suo documentario del 1989, “Roger and me”, incentrato sulla chiusura dello stabilimento General Motors a Flint (nel Michigan, la città di Moore) e che comportò il licenziamento di circa trentamila operai. Il film testimoniava i numerosi tentativi falliti di Moore nel cercare di intervistare Roger Smith, allora numero uno di GM, e che rappresentano il cuore narrativo del film. In realtà il regista premio Oscar riuscì per ben due volte a intervistare Smith: nel film originale tutto questo è stato omesso per non far decadere la sua tesi, ma il filmato dell’intervista viene ripreso e inserito in “Manufacturing dissent”.
Nel corso del film, i due registi si trasformano da discepoli a carnefici di Moore, smascherandone il mito, applicando la sua stessa tecnica e usandola contro di lui. La seconda parte del film si basa proprio sul programmatico sputtanamento delle abitudini di Moore, già dagli esordi come giornalista per il magazine progressive Mother Jones e The Flint Voice (che poi divenne The Michigan Voice), nel manipolare con eccessiva disinvoltura le vicende poi narrate in “Bowling for Colombine” e “Fahrenheit 9/11”.
Il film ha il titolo ed è costruito sulla falsariga di “Manufacturing consent” (La fabbrica del consenso), famoso saggio del 1988 scritto dal linguista Noam Chomsky e da Edward S Herman sui sistemi di propaganda per il controllo e la manipolazione dei media.
Poche settimane fa è stato presentato, con successo, al festival indipendente South by Southwest di Austin, Texas. Anche in questo caso Moore non ha rilasciato dichiarazioni in merito; del resto neppure Bush rilasciò dichiarazione in merito a Fahrenheit 9/11. Cambiando gli addendi il risultato non cambia, viene da dire.
“Manufacturing dissent” non è ancora stato acquistato da nessuna casa di distribuzione statunitense, (mentre si può già vedere in Canada e, prossimamente, in alcuni paesi europei) forse per non infastidire il prossimo attesissimo documentario di Michael Moore – “ Sicko” – dedicato alle contraddizioni del sistema sanitario degli Stati Uniti, un argomento che per molti americani è persino più spinoso dell’11 settembre.

Monday, April 09, 2007

 
Tutti pazzi per il porno

Da internet ai telefonini, ecco le cifre di un boom planetario. Che coinvolge sempre più donne.


Vanity Fair - 12 aprile 2007

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha recentemente vietato le trasmissioni di immagini hard a tutte le emittenti tv italiane pubbliche e private, nazionali e locali, terrestri e satellitari. Ma servirà ad arginare il dilagare del porno? Stando agli ultimi dati su questo mercato, raccolti da varie fonti e aggregati dal mensile americano TopTen Reviews, sarà molto difficile. Perchè quello a cui stiamo assistendo, in Italia e nel mondo, è un vero e proprio boom.


L'EFFETTO CINA
Il volume d'affari del porno nel mondo è di oltre 73 miliardi di € ed è superiore ai fatturati di Microsoft, Google, Apple, Amazon, Yahoo, eBay e Netflix messi insieme (solo quello USA è superiore al fatturato dei tre networks tv ABC, CBS e NBC). E la parte del leone la fa l'oriente: più dei ¾ del mercato globale provengono da Cina, Corea del Sud e Giappone. A trainare la crescita sono sopratutto pay per view e telefonini, che oggi rappresentano il 20% del mercato.

IN ITALIA
L’Italia è il settimo paese al mondo come volume d’affari con oltre 1 miliardo di € di fatturato all’anno, di cui l’80% è sviluppato dall’home video. Il fatturato del porno in Italia è in discesa a causa delle tassazioni e dei costi di produzione sempre più alti: la maggior parte dei film oggi vengono girati nell’europa dell’est.
In Italia esistono circa venti case di produzione, ma solo una decina sono quelle strutturate a livello aziendale.

IL WEB E' TINTO DI ROSA
Quasi ¼ del mercato del porno gira oggi su internet.
Ogni secondo, nel mondo, 28.258 utenti internet stanno guardando uno degli otre 4 milioni di siti porno (circa il 12% del web) sui quali, sempre ogni secondo, vengono spese circa 2500€.
Ogni giorno si effettuano 68 milioni di ricerche inserendo parole quali sex, porn o xxx.
Tra gli utenti dei siti porno, una su tre è donna. Le donne su internet cercano soprattutto uomini con cui fare sesso. Gli uomini invece si accontentano dei film.


SPESA ANNUA PRO CAPITE PER IL PORNO (popolazione maggiorenne)
Corea del Sud 295€
Giappone 117€
Finlandia 86€
Australia 74€
USA 34€
UK 24€
Canada 23€
Italia 18€
Repubblica Ceca 18€
Olanda 16€

Monday, April 02, 2007

 
DIAMOCI DEL VOIP

Style Magazine - Aprile 2007

Se pensate che il VoIP serva solo per telefonare in tutto il mondo via internet a tariffe più basse di quelle telefoniche vigenti, allora vi state perdendo il meglio.
Ogni giorno, infatti, nascono nuove applicazioni da impiegare sul proprio programma VoIP e che forniscono soluzioni, in modo semplice e fai-da-te, sia per il piccolo business sia per il tempo libero.
Con Skype - il servizio VoIP più popolare – si possono ad esempio organizzare dei meeting a distanza attraverso delle conference call con webcam fino a 15 utenti, creare un piccolo call center o condividere programmi e applicazioni con i propri collaboratori. Ma lo stesso software può essere utilizzato come sistema d’allarme per la casa (attraverso due computer di cui uno - quello in casa - dotato di webcam), sveglia e traduttore simultaneo. Altre funzioni le trovate qui
Il VoIP è uno strumento globale ma anche aperto e integrabile: il VoIP mobile, ad esempio, può essere inserito direttamente sui telefonini di nuova generazione e se si dispone di un tv con Media Center integrato, è possibile controllare le chiamate di Skype direttamente dal televisore di casa.
Insomma, mai più senza.
“Io lo uso perchè abbatte i costi, perchè lavoro tanto al pc e perchè è una nuova frontiera di comunicazione» ci ha detto Carlo Pastore, vj di Mtv, che incalza “Con il tempo ci sarà un’esplosione gigantesca: basta che uno lo utilizzi, che faccia girare la voce nel proprio circuito ed è un attimo...”. Il problema adesso è quello che gli esperti chiamano il digital divide, ovvero il divario tra chi conosce lo strumento e ne sfrutta le potenzialità e chi ancora ne è ignaro.
Oggi alcuni siti internet che offrono servizi di VoIP possono trasferire le chiamate su qualsiasi telefono fisso o mobile in ogni parte del mondo “Per utilizzare questi servizi non è necessario avere una connessione Adsl o rimanere connessi a internet per tutta la chiamata” ci spiega il torinese Andrea Tessitore, fondatore del sito My Blue Zebra con sede a NY “questo lo rende molto utile per gli abitanti dei paesi in via di sviluppo dove le tariffe sono altissime e la rete non ancora sviluppata”.
Tutte le applicazioni da integrare a Skype si trovano qui

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