EmmeBi Attached

Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Tuesday, May 30, 2006

 
CONSIGLI A LAPO
Spazi multifunzione. Drink in lavanderia e asilo con il fax per genitori che lavorano.


Il Foglio - 30 Maggio 2006


Se per caso avete intenzione di comprare i biglietti per i prossimi concerti milanesi dei Pearl Jam o di Santana, ma non sapete dove si trova il Datch Forum, non preoccupatevi. Si tratta semplicemente dell’ex Fila Forum di Assago (Datch è un marchio di intimo e abbigliamento casual), e voi siete le ennesime vittime del fenomeno dilagante della sponsorizzazione di spazi che cambiano continuamente nome e faccia. Ormai non esiste palazzetto dello sport che non sia “brandizzato” e i prossimi saranno gli stadi di calcio: ha iniziato Reggio Emilia con il suo nuovissimo stadio “Giglio” (marchio dell’industria casearia che è anche lo sponsor delle maglie della squadra cittadina militante in C2), e presto seguiranno l’esempio anche i club più grandi e importanti che potranno diventare, con l’aiuto di aziende sponsor, proprietari degli stadi.
Ma il fenomeno è decisamente più complesso e va oltre i semplici casi di sponsorizzazione. In un mondo in cui la comunicazione faccia a faccia è stata rapidamente sostituita da email, sms e chat, gli acquisti si fanno on-line, e gli appartamenti delle grandi città sono sempre più piccoli, l’esigenza di avere nuovi spazi d’incontro è molto sentita: ecco dunque nascere spazi commerciali, in cui si può fare acquisti e mangiare, ma che offrono spazi arredati come piccoli uffici o salotti in cui guardare film, ascoltare musica, incontrare amici o sbrigare i propri impegni di lavoro. Un caso ormai storico è Starbucks, nata come semplice catena di caffetterie e diventato un meeting point globale (10500 cafè in tre continenti) e che razie alla vendita di cd e di libri si è trasformato in un canale chiave per l’industria discografica ed editoriale.
Negli spazi che nascono ora, l’obiettivo prevalente è quello di soddisfare funzioni e finalità molto differenti: per esempio, nell’Upper West Side di New York, da circa un anno c’è TwoRooms (“You work, they play” il claim), una struttura che offre servizi per il lavoratore autonomo con figli. Due stanze; un grandissimo open space da ufficio con tante postazioni comprensive di fax, stampante, scanner, computer e connessione wi-fi; e l’altra per il bambino, con personale specializzato, giochi e biblioteca. Inoltre c’è un’area comune con bar e cucine per mangiare socializzando tra genitori. Un progetto che pare funzioni e offra un contributo concreto a risolvere i problemi causati da un mercato del lavoro sempre più flessibile.
Questa necessità diffusa di luoghi ibridi e multifunzionali è stata compresa da alcune aziende che si sono dedicate a creare nuovi servizi che offrano una nuova opportunità di comunicazione ai loro clienti.
Negli Stati Uniti e in gran parte dell’Europa le lavanderie a gettone sono notoriamente luoghi di aggregazione: così l’azienda coreana di elettrodomestici LG ha deciso di aprire a Parigi nell’11mo arrondissement il ‘Wash Bar’, un ambiente decisamente trendy in cui i clienti, mentre lavano la biancheria, possono ascoltare musica, bere drink, vedere la tv, navigare in internet. E il motore di ricerca Yahoo! ha creato nelle lobbies di alcuni Sheraton americani un’area lounge arredata con sofà, tv al plasma, pc e connessione wi-fi: una sorta di concierge virtuale che fornisce indicazioni sul tempo, sulle cose da vedere nei dintorni o sulle recensioni dei ristoranti della città, selezionate in rete dal motore di ricerca.

Seguendo questa logica, se un luogo è capace di creare una community di affinità o di bisogni comuni, può diventare un potenziale spazio da brandizzare e in cui l’azienda può far provare i propri prodotti. Ipotesi questa che sulla carta può apparire inquietante - “le aziende si appropriano degli spazi privati della nostra vita quotidiana” dirà sicuramente qualcuno - ma se riesce a garantire dei servizi aggiuntivi e utili alla comunità può diventare una soluzione efficiente, e un’alternativa alla scarsa reattività degli enti amministrativi perennemente in ritardo.
Ma alcune aziende si stanno spingendo anche oltre. Joseph Pine, l’economista che ha teorizzato l’Economia della Trasformazione, sosteneva che un’offerta economica deve determinare un cambiamento profondo in ogni singola persona. Per cui insieme al prodotto alcune società stanno iniziando ad offrire anche istruzione (e indottrinamento) ai propri clienti: così Apple ha aperto in USA, UK e Giappone una serie di Apple Theatre in cui i devoti della mela possono partecipare gratuitamente a workshop quotidiani sull’utilizzo delle applicazioni e dei software.
Il fenomeno degli spazi e dei luoghi come nuova forma di comunicazione è appena agli inizi e ed è destinato a espandersi: la prossima sfida potrebbe essere quella di trasformare in spazi fisici i siti di community e di social networking come My Space cioè le uniche vere novità offerte dalla rete internet in questi ultimi anni.

Sunday, May 14, 2006

 
Elogio della semplicità
Videocamere: nuova generazione. Uso elementare. Il resto è relax.

Style - Maggio 2006

Semplicità, che parola meravigliosa: semplicità intesa come facilità d’uso, chiarezza, comprensibilità. Raramente questi concetti sono stati abbinati alla tecnologia: l’oggetto hi-tech si è sempre portato dietro funzioni complicate, acronimi da imparare a memoria, tomi per le istruzioni, incazzature e telefonate all’amico “tecnologicamente più avanzato” o al numero verde segnalato nella confezione. Per fortuna le cose da qualche anno sono cambiate, e la “semplicità” è divenuta anche per i produttori hi-tech un elemento strategico e di successo. Del resto una serie di ricerche condotte nel 2003 rivelava che l’utente medio è solito utilizzare solo il 20% delle funzioni dei propri gadget tecnologici: rubrica e messaggi nel telefono cellulare o i tasti play e pause nel videoregistratore. Stop. Quindi, perché fabbricare prodotti complessi quando poi nessuno li utilizza?
Per le aziende la possibilità di vendere articoli “semplici” diventa anche un’efficace tecnica di marketing: un cellulare con poche e chiare funzioni può essere utilizzato sia dai bambini sia dalle persone anziane, e questo allarga il target d’acquisto del prodotto. Il minimo sforzo, a volte, può portare al massimo dei risultati.
Anche il progresso tecnologico viene in aiuto. Prendiamo le videocamere: la scelta dei formati dei supporti di registrazione - come gli Hi8 o i miniDv - ha rappresentato per anni una grossa barriera che inibiva l’acquisto di simili prodotti. Pur trattandosi di supporti digitali sono sempre, ai nostri occhi, le solite vecchie cassette a nastro: quindi sottoposte alla solita danza delle dita sui tasti play - ffwd - rew. Stop. Adesso i nuovi modelli di videocamere registrano le immagini sulla memory card e dunque non vi è alcun rischio di registrare nuove immagini sopra importantissimi filmati già esistenti. Inoltre i file creati possono essere letti sia collegando la telecamera al televisore sia scaricandoli direttamente sul proprio computer.
Semplice, no?

Sunday, May 07, 2006

 
LA SETTIMANA INCOM

Telefilm Festival


"Sleeper cell", la vita dei terroristi in europa e tutta l'avanguardia del serial in rassegna a Milano.

Il Foglio - 6 Maggio 2006

I telefilm, intanto, non esistono. O meglio, la parola telefilm non esiste. E’ un termine usato esclusivamente in Italia con cui si indica uno dei sottogeneri della fiction. Per la dirla tutta, anche la fiction è un’italica invenzione: mentre qui si intende come l’insieme delle opere audiovisive prodotte per la tv e caratterizzate da una struttura narrativa, negli Stati Uniti e nel mondo la fiction è semplicemente la produzione romanzesca in letteratura.
Sbrigate le formali pignolerie, dobbiamo riconoscere che le serie tv riescono, meglio di altre opere artistiche, a raccontare questo presente complesso e a fornire nuove chiavi di lettura per alimentare il nostro immaginario.
Negli Stati Uniti le serie tv sono ormai diventate la forma elettiva del racconto contemporaneo: Entertainment Weekly, la bibbia del business dello spettacolo, alcune settimane fa titolava in copertina “Tv is king” e all’interno del giornale gli stessi critici cinematografici celebravano la golden age della tv e delle serie.
Anche in Italia le cose si stanno muovendo, più lentamente, su questa direzione: il dvd più venduto a Natale è stato il cofanetto di “Ai confini della Realtà”, i dvd delle serie tv (Sex & the City, O.C.) venduti in abbinamento a Tv Sorrisi e Canzoni sono andati tutti esauriti e, soprattutto, lo spazio nei palinsesti occupato dalle serie sta crescendo anno dopo anno (anche se non sempre con una programmazione felice).
Il Telefilm Festival, organizzato da Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria, da quattro anni celebra il mondo delle serie televisive – specialmente made in USA – mostrando le evoluzioni del genere attraverso anteprime, dibattiti, tavole rotonde e ospitate internazionali. Il tema guida di questa edizione, che si svolge questo weekend a Milano all’Apollo spazioCinema, è “Quando Freud incontra Wahrol”. Secondo i direttori artistici di questo festival i telefilm sono come una seduta di analisi: oltre al processo di identificazione con i protagonisti delle varie serie, durante la visione di una serie tv si viene a creare una sorta di “teletrasporto mentale”, un gioco virtuale in cui è lo stesso telespettatore che, tolto dalla bambagia dell’happy end, si crea il finale che vorrebbe. Come nel transfert, il telespettatore si abbandona a se stesso e si aggrappa ai personaggi che crescono puntata dopo puntata, cercando di riempire i puntini di sospensione che gli sceneggiatori disseminano qua e là. E questo succede quale che sia il genere della serie - drammatico, poliziesco, medico, legale o romantico - o il target d’età.

Il programma delle proiezioni, tutte aperte al pubblico fino ad esaurimento posti, è particolarmente ricco in questa edizione: innanzitutto l’anteprima nazionale di due episodi “Everybody hates Chris”, la sit-com più celebrata da critica e pubblico negli USA in questi ultimi mesi, che racconta l’adolescenza autobiografica dell’attore e presentatore comico Chris Rock e che andrà in onda dalla prossima settimana sui canali Sky. Non hanno invece trovato ancora spazio nelle reti terrestri e satellitari due serial-shock i cui episodi pilota vengono presentati questa sera: trattasi di “Big Love”, che racconta la vita di un uomo poligamo convivente con tre donne, diverse per carattere e fascia d’età, sotto lo stesso letto e il “Weeds”, storia di una madre della middle-class americana che, rimasta vedova, per mantenere la famiglia diventa spacciatrice di marijuana. Molto interessanti anche le serie d’attualità internazionale come “Sleeper Cell”, quella sui terroristi islamici cresciuti in seno alla società occidentale e “Commander in chief” la non fortunatissima serie che vede Geena Davis nei panni della prima Presidente degli Stati Uniti donna. E poi ancora alcuni episodi, ancora inediti in Italia, di blockbuster quali Lost, The O.C., Desperate Housewives e Smallville. La retrospettiva è dedicata invece al premio Oscar Paul Haggis che, prima di girare “Crash”, è cresciuto nella grande palestra delle serie tv americane.
L’evento di questa edizione è comunque l’incontro con Benjamin McKenzie e Kelly Rowan, protagonisti del teen- cult “The O.C.” in onda su Italia Uno.

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