: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
BUONI AFFARI
I grandi marchi che nel 2009 hanno rivoluzionato il business mondiale sfidando la crisi.
Il Foglio - 31 dicembre 2009
In questi ultimi giorni dell'anno - anzi, per meglio dire, del decennio - sui giornali si sprecano articoli sulle innovazioni degli anni zero e previsioni su quelle che ci accompagneranno nella prossima decade.
Prodotti e servizi innovativi in ogni campo, dall'hi-tech all'alimentare, dall'entertainment all'abbigliamento. E giù tutti a ribadire che solo grazie all'innovazione di prodotto le aziende possono vincere la recessione e conquistare la leadership nel proprio settore o mercato di riferimento.
Peccato che questo è un modo di pensare vecchio, figlio del secolo scorso, quando il brevetto aveva ancora un valore reale, quando ancora la Cina era lontana e prima che un prodotto di consumo venisse perfettamente copiato passavano anni e break even raggiunti. Oggi il processo di contraffazione di un qualsiasi prodotto dura poche settimane.
La parola chiave non è quindi innovazione di prodotto, bensì cambiamento del modello di business. A sostenerlo è Gary Hamel, uno dei maggiori esperti di business strategy, consulente di multinazionali e autore di bibbie del management. Dice Hamel di recente in visita nel nostro paese, “Oltre alla crisi, dalla quale forse siamo già usciti, le aziende devono saper fronteggiare il cambiamento accelerato, vero segno di questi tempi. Come? Cercando di essere più snelle ed efficienti, adattabili, capaci di cambiare il modello di business e renderlo sempre più adatto ai tempi.”
Come le keiretzu giapponesi negli anni ’60 diversificavano per diventare aziende universali per massa critica di fatturato e finanziaria, potere negoziale, reti efficienti e forza del brand (Yamaha, Mitsubishi, etc.), l’operazione odierna riguarda il presidio della catena del valore, efficienza e flessibilità.
L'esempio virtuoso di questo decennio è sicuramente Apple: l'idea vincente di Steve Jobs e della sua azienda è stata quella di abbinare un'innovazione hardware ad un servizio: iTunes per scaricare musica sull'iPod, l'App Store per installare applicazioni sull'iPhone. Così in un mercato ormai maturo come quello della telefonia e dell'hi-tech, Apple parte da una rivoluzionaria innovazione di prodotto, per poi sviluppare il business con i servizi, diventando così editore di software e musica; lo stesso farà presumibilmente con il prossimo tablet (iSlate, probabilmente il nome), la lavagna elettronica che permetterà di leggere libri e giornali in formato elettronico, venduti naturalmente dal negozio virtuale Apple.
Quindi modello di business significa ripensare all'azienda, alla sua struttura organizzativa, alle interazioni con fornitori e clienti e al vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza.
Di casi virtuosi ce ne sono molti altri, basti pensare a RyanAir in Europa o SouthWest negli Stati Uniti che con le loro proposte low cost hanno rivoluzionato l'intero comparto delle linee aeree, oppure Zara che ha trasformato il punto vendita nel fulcro degli affari, implementando il
just in time come base dei processi logistici e distributivi, per ridurre il tempo delle collezioni e rispondere rapidamente alle richieste del mercato. Nel campo alimentare un esempio da tenere di riguardo è quello di Nespresso, che da semplice produttore di capsule di caffè oggi controlla l'intera filiera, dalle macchine da caffè alla consegna a domicilio. Per concludere non possiamo non citare Google e di come abbia letteralmente stravolto il mondo dell'informazione e della pubblicità: ed è proprio a causa di Google che in questi mesi sul tavolo dei consigli di amministrazione dei principali editori si sta riflettendo su un modello di business che sappia conciliare carta e web, contenuti free, a pagamento ed efficaci strategie di raccolta pubblicitaria.