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Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Sunday, October 16, 2011

 
Gualtiero Marchesi da McDonald's ha il sapore di un errore di marketing

Il Foglio - 15 Ottobre 2011

Da qualche anno McDonald's, la multinazionale sinonimo di fast food, ha iniziato un'importante politica globale di greenwashing (letteralmente “lavare col verde”), ovvero una serie di attività e comportamenti virtuosi finalizzati alla creazione di un'immagine positiva o mistificatoria. In questo caso l'obiettivo è riposizionarsi come un'azienda neosalutista, con un'attenzione particolare all'ambiente e agli ingredienti, per contrastare l'allarme alimentare dell'obesità infantile. Tale strategia è stata declinata in modi diversi a seconda dei paesi: in Italia l'operazione si chiama McItaly ed è iniziata lo scorso anno con la realizzazione di un panino composto da ingredienti di qualità Dop con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole, allora ancora presieduto da Luca Zaia. Un po' di inevitabile polemica, ma l'operazione fece parlare e, in fondo, riuscì.
Oggi McDonald's alza il tiro e coinvolge lo chef più famoso d'Italia, quel Gualtiero Marchesi del risotto con la foglia d'oro e della novelle cuisine italianizzata. Marchesi ha realizzato per la grande M (solo per due mesi) due panini, Vivace e Adagio, con ingredienti sofisticati come la mousse di melanzane e cipolla marinata, e una fetta di panettone con salsa di caffè come dolce (Minuetto). Grande presentazione stampa e sofisticato spot pubblicitario, ma sul web ai puristi del gusto l'operazione non è piaciuta.
Così esordisce in un suo post Massimo Bernardi, patron del sito dei gastrofanatici Dissapore “Mettersi con McDonald’s è un gesto così gratuitamente autopunitivo che non mi stupirei se Gualtiero Marchesi cambiasse il nome del suo ristorante in 'Presto Chiuso'”.
Il panino non è nemmeno male, ma non è questo il punto. E non lo è nemmeno la questione ti tener separate forzatamente categoria del cibo (e dell'anima, per alcuni) come fast food e slow food. La questione centrale è data delle motivazioni che stanno dietro a tutto. Ovviamente per Marchesi c'è quella di accaparrarsi una cospicua buona uscita, senza troppi sforzi. Per McDonald's, oltre al greenwashing, l'obiettivo è quello di allargare il prorpio target.
In fondo è “un'operazione di marketing”. Peccato che sia sbagliata, per vari motivi.
Primo, perché i fans del BigMac (che non ci pensano nemmeno ad ordinare un Adagio) si sentono un po' traditi, e dietro l'angolo c'è sempre un Burger King che li aspetta a braccia aperte. Secondo, perché gli amanti del gusto mai si avvicinerebbero a un “puzzolente” McDonald's nemmeno se ci fosse lo stesso Marchesi a girare gli hamburger sulla piastra.
Anche se il vecchio marketing è mezzo morto, alcune regole valgono ancora. Un brand non è solo il riflesso del prodotto, ma anche di tanti altri elementi, come il prezzo, la pubblicità e la distribuzione. Ad esempio, se le nuove creazioni di Marchesi fossero state consegnate a domicilio, anche solo in alcune città, e vendute a prezzo doppio, l'operazione sarebbe stata vincente e avrebbe accontentato tutti, vecchi fans e nuovi adepti sofisticati.

Monday, October 10, 2011

 
L'ENIGMA TRON
La fantascienza, l'immaginario e il tempo che passa


Inedito

Ricordo tutto perfettamente, come se fosse accaduto solo pochi anni fa.
Era un venerdì piovoso di fine novembre e io, Marco e Cesare alle 15.00 eravamo davanti al cinema Odeon, ancora chiuso. Ma i cartelloni parlavano chiaro, non potevamo sbagliarci. Era il primo giorno di programmazione di TRON, un film che ai nostri occhi di adolescenti provinciali innamorati di fantascienza e videogiochi rappresentava il film perfetto.
Il livello di eccitazione era alle stelle. La storia, in effetti, era nuova e affascinante: Kevin, un giovane programmatore di videogame, tenta di sabotare il sistema centrale della società che gli ha rubato i suoi software. Ma il sistema, per difendersi, digitalizza Kevin attraverso un laser e lo trasforma in un codice numerico; si ritrova così imprigionato in un universo parallelo dove dovrà combattere come dentro a un videogioco per conoscere la verità.
Le scene non le ho chiare nei dettagli, ricordo però che lo stato di esaltazione durante la visione lentamente scemò e subentrò un po' di noia. Un particolare però mi è nitido: usciti dal cinema ci recammo velocemente alla vicina “sala attrazioni” di Piazza Cavour a giocare al videogioco di Tron e immaginare di essere il protagonista (oggi l'esperto di turno direbbe che la nostra fu una delle prime esperienze cross-mediali).
Il tutto comunque accadeva 28 anni fa. Ventotto. (seguirebbe qui amara considerazione sul tempo che passa, ma ve la risparmio).
Il film in realtà non ebbe un grande successo. Anzi, per il budget stanziato e l'attesa che si era creata, il film si rivelò un flop. Forse Tron era troppo avanti con i tempi; in fondo la realtà virtuale era ancora un termine conosciuto solo da pochi appassionati di fantascienza cibernetica e i videogiochi non rappresentavano ancora quella sottocultura di massa che è oggi.

Come tutti i flop, con il passare degli anni, anche Tron si trasformò in un autentico cult. Così, dopo tanti annunci e rinvii, anche la Disney - produttore del film - si convinse che era venuto il momento di riproporlo sullo schermo.

“Tron Legacy”, il film che uscirà in Italia il 5 gennaio, riprende la storia 28 anni dopo, con il figlio di Kevin che vuole cercare il padre scomparso dentro il cyber-universo. Il videogioco invece – “Tron Evolution”, in uscita in questi giorni per tutte le console - fa da "ponte narrativo" tra il vecchio Tron e il nuovo film, dove si racconta in forma videoludica ciò che è successo in tutti questi anni nell'universo parallelo abitato dal protagonista.

Ma torniamo per un attimo al film che, quindi, non è un remake, come i quasi tre decenni di distanza dal precedente farebbero razionalmente pensare, bensì un sequel. Ed è sicuramente una decisione coraggiosa e un po' azzardata, specialmente se si considera che quando uscì Tron il target a cui sono rivolte le pellicole di questo genere non era ancora nato. Quindi non solo può non averlo visto, ma nemmeno ragionevolmente sapere di cosa si tratti.
La domanda quindi sorge spontanea: sarà davvero rivolto ai ragazzini? I tipi della Disney, che di certo sono dei maestri nel marketing dei film, sostengono che “Tron Legacy” sia un vero e proprio film per famiglie. In questo caso il target principale potrebbe essere il padre di famiglia - teenager nel 1982 ed evidentemente ancora sotto sindrome di Peter Pan – che, in quanto tenutario di portafoglio, non solo convince i figli ad andare insieme al cinema, ma non fa una piega a sborsare parecchie decine di euro per comprare uno dei gadget dell'infinito merchandising che accompagna il film (addirittura anche delle sneaker Superga Tron Edition)
C'è un altro fattore da considerare. Il film “Tron Legacy”, pur nella sua realizzazione estremamente sofisticata e dagli effetti speciali 3D di ultima generazione, continua ad essere un film profondamente anni '80. Per essere più precisi è il suo immaginario di fantascienza tutto fatto di neon, colori fluo, tutine aderenti e velocità supersoniche ad essere “old style” e quindi poco attraente per le nuove generazioni. I film di fantascienza oggi, in fondo, si svolgono in scenari e paesaggi contemporanei (una pellicola su tutti “Inception”) e le realtà virtuali sono semplicemente realtà parallele alla nostra, senza moto volanti o estetica da Second Life.
Forse non tutti sanno che nella stessa stagione cinematografica in cui uscì “Tron”, arrivò sugli schermi anche “Blade Runner”, film che univa la fantascienza ad atmosfere noir anni 40 e che continua ancora oggi ad essere un pilastro nell'immaginario fantascientifico.
C'è poi da dire che oggi il cinema e i videogiochi parlano lo stesso linguaggio e si influenzano a vicenda, perciò un film che lega questi due mondi oggi non rappresenta più una novità per i ragazzini, come fu in passato.
Per tutti questi motivi sono quindi molto curioso di vedere come e da chi sarà accolto questo “Tron Legacy”.
Ah, e per concludere, il cinema Odeon, raro esempio di teatro futurista, nel frattempo è stato demolito. Al suo posto hanno costruito un parcheggio.

Friday, October 07, 2011

 
QUANDO I GIOCATTOLI PRENDONO VITA

Vanity Fair - 12 Ottobre 2011


L'idea del giocattolo che prende vita è alla base delle grandi narrazioni per bambini, dallo Schiaccianoci fino a Toy Story. Proprio gli autori della storia Pixar, Alec Sokolow e Joel Cohen, hanno proseguito su questo leit motiv scrivendo la storia di Skylanders Spyro's Adventure, un innovativo videogioco in uscita mondiale per tutte le console il 14 ottobre. Insieme al videogioco sono allegati tre personaggi Skylanders e il Portale del Potere, una piattaforma connessa in wireless alla console: posando il personaggio sul Portale entra “virtualmente” dentro al videogioco. Ogni giocattolo ha un chip interno che permette di memorizzare gli avanzamenti del gioco per poterlo continuare su altre console degli amici. 
Vanity Fair ha intervistato gli autori del gioco. 

Come è nato il soggetto di Skylanders?
E' stato un processo collaborativo con lo studio Toys for Bob che stava studiando la tecnologia per il gioco. C'è il solito malvagio di turno che ha trasformato gli Skylanders in giocattoli e il bambino-giocatore ha qui la possibilità “concreta” di riportarli in vita e sconfiggere il nemico.
Credete che la tecnologia possa sviluppare la fantasia dei bambini o, come sostengono alcuni, la limiti?
Pensiamo che il vero “nemico” dell'immaginazione sia, purtroppo, la crescita. La tecnologia è solo un mezzo che permette all'immaginazione di svilupparsi attivando le tue potenzialità. Se un bambino non ha fantasia, la tecnologia può farci poco.
Voi siete principalmente autori di film (Toy Story, la serie di Garfield) ed è la prima volta che vi cimentate nella scrittura di un videogioco. Che differenza avete trovato?
Anche se i dialoghi sono ridotti al minimo le storie nei videogiochi sono molto più complesse perché gli incastri delle vicende tendono all'infinito. E' sicuramente più difficile, però quando vedi il bambino entrare “dentro la storia”, la soddisfazione è massima.

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