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Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Wednesday, August 24, 2011

 
Il software è l'unica via d'uscita per gli avviliti giganti del computer

Il Foglio - 24 agosto 2011


Gli ultimi giorni della scorsa settimana sono stati frenetici per il settore dell'information technology. Unico attore principale Hewlett Packard, meglio conosciuto da tutti come HP, azienda storica nata nel 1939 e che fino a oggi era leader nel campo dei personal computer e stampanti.
Dopo aver pubblicato i risultati non certo incoraggianti del terzo trimestre, il CEO di HP Leo Apotheker ha indetto una conferenza stampa annunciando l'abbandono del settore pc e l'interruzione della produzione dei cellulari e del tablet. Il tablet TouchPad, lanciato appena due mesi fa, rappresentava fino a ieri il competitor più credibile all'Ipad Apple; la tavoletta si basava sul software WebOs, eredità di Palm, storica azienda di palmari che HP aveva acquistato nel 2010 per 1,2 miliardi di dollari. L'assenza di un ecosistema paragonabile a quello di Apple o di Android ha però affossato le vendite e neppure il taglio del prezzo è servito a risollevarne le sorti (anche se in questi giorni, con l'ulteriore ribasso di prezzo, è il tablet più venduto in rete).
La decisione di HP quindi è di mantenere solo la produzione di stampanti e puntare tutto su software per clienti professionali, ricalcando la decisione lungimirante presa da IBM nel 2005 quando cedette alla cinese Lenovo la divisione pc per dedicarsi esclusivamente alle soluzioni software e al cloud computing. Per questo, il giorno dopo la comunicazione della dismissione del settore computer consumer, HP ha annunciato l'acquisto di Autonomy, società inglese specializzata nel software per la gestione dei dati di grosse corporation come Ford, BP e il Ministero della Difesa USA, pagandola 10,3 miliardi di dollari, con una sovrapprezzo dell'80% . Da un giorno all'altro così Hewlett Packard si ritrova da aver come competitor Apple e Dell a confrontarsi nel mercato enterprise con IBM e Oracle. La ristrutturazione è stata letta dal mercato come una mossa obbligata e una cura disperata, punendo HP con un calo del titolo del 22% e che si somma al precedente -23% da inizio anno.
Nel lungo periodo però questa decisione rischia di essere vincente: secondo una recente ricerca della Gartner il mercato pc inizia a indebolirsi anche in Europa, con un calo di vendite del 18,9%, trainato da netbook e mini pc che sono crollate del 53% rispetto all'anno precedente.
Oggi in effetti il software è diventato il driver principale della maggior parte dei mercati; chi li possiede e li controlla ha in mano la leadership. Sul Wall Street Journal di sabato scorso Marc Andreessen ha compilato una lista di casi virtuosi a sostegno di questa tesi. La discografia oggi è in mano a iTunes, Spotify, Pandora, ovvero software; Blockbuster sta per fallire e Netflix oggi è il più grande servizio di noleggio video per numero di iscritti; Disney ha dovuto comprare una società di software (Pixar) per mantenere la propria posizione rilevante nei film d'animazione. Per non parlare di Google, Facebook, Skype o Groupon che ha generato un fatturato di 700milioni di dollari in soli due anni di attività. L'industria dei servizi finanziari è stata notevolmente trasformata negli ultimi anni grazie ai software di pagamenti e sono gli stessi programmi di supercalcolo ed elaborazione dati ad essere oggi strategici per società di automobili, compagnie petrolifere e farmaceutiche. 
Ed è per questo che, come ha titolato il Wall Street Journal, il software si mangerà il mondo.

Saturday, August 06, 2011

 
Fiat Usa punta sugli anni Cinquanta per vendere la 500 ma forse sbaglia


Il Foglio - 6 agosto 2011

Nel mondo pop c'è da sempre una connessione diretta tra il viaggio nel tempo e automobili. L'esempio più fulgido è dato da “Ritorno al Futuro”, la trilogia cinematografica di Robert Zemeckis dove una vecchia DeLorean veniva trasformata in una macchina del tempo grazie ad una reazione nucleare alimentata con una carica di plutonio.
Oggi Fiat USA ha deciso di utilizzare questo trinomio - cinema, auto e salto temporale - per raccontare la Fiat 500 al popolo nordamericano e lo ha fatto con un commercial di 30” che da questa settimana si può vedere nei principali network.
Il nuovo spot ideato dall'agenzia Custom di Southfield, Michigan (ndr che potete trovare qui sotto) è ambientato in un drive-in: nel grande schermo si proietta l'immagine in bianco e nero del vecchio cinquino anni 50 (“un'icona culturale” dice lo speaker) mentre in sottofondo c'è Elvis che canta “Jailhouse Rock”, canzone del 1957, stesso anno di uscita della vecchia 500. Nel frattempo nel drive-in arriva la nuova 500 rossa fiammante (“una nuova icona”), e la ritmica di Jailhouse Rock si trasforma in un drum'n bass urbano e contemporaneo, mentre la coppia esce dalla macchina con lui che apre la portiera del passeggero replicando i gesti cavallereschi della coppia sullo schermo. “Fiat 500 Simply More” è lo slogan che chiude lo spot.
La Fiat 500 è stata lanciata nel mercato statunitense da circa quattro mesi distribuita da Chrysler e accompagnata dai roboanti obiettivi di vendita di Marchionne, ovvero 50.000 unità entro il 2011: traguardo piuttosto ambizioso considerando che nel 2010 la Mini aveva venduto 45.000 unità, compreso il modello cabrio. A giugno Fiat era a quota cinquemila, un terzo rispetto a quelle preventivate, colpa di una rete di vendita non ancora sviluppata (70 concessionarie invece delle 140 previste). A luglio pare invece che le vendite siano notevolmente aumentate.
Ci auguriamo di sbagliare, ma crediamo che questo continuo ricorso al heritage italiano anni 50 e a contesti un po' passé come i drive-in (che negli Stati Uniti sono oggi percepiti come il flea market, il mercato delle pulci) non siano così d'impatto per un target urbano giovane che decide di sfidare le tradizioni e comprare una minicar invece delle solite auto di dimensioni extralarge.
Ma si sa, la tv non è certo il media più visto oggi, e sono altri i mezzi su cui Fiat Usa vuole agire per colpire il target. E' prevista infatti una forte azione che coinvolgerà fortemente i social network, applicazioni per iPad, partnership con Gucci e una campagna stampa dagli slogan un po' più accattivanti tipo «Piccolo è meglio. Grande, è solo più difficile parcheggiare».
Diverso l'approccio di comunicazione della Mini che ha giocato la carta dell'ironia e della funzionalità con uno spot – lanciato durante il Superbowl 2011– ambientato in un tv game show dove i concorrenti devono stivare la macchina con gli oggetti più strambi (torte nuziali, panini giganteschi, alveari etc..) e che ha generato un buon effetto virale su YouTube.

Thursday, August 04, 2011

 
Consigli di marketing a Landini per far diventare la Fiom ancora più pop

Il Foglio - 4 agosto 2011



Chi l'avrebbe mai detto che nel 2011 il marketing o, meglio ancora, il branding sarebbe diventato una sorta di livella tra padroni e operai, una piattaforma comune basata su senso di appartenenza, immagine e raccolta fondi?
Inizialmente sembrava semplicemente una boutade. A inizio anno durante le manifestazioni della Fiom, il sindacato degli operai metalmeccanici che sogna di diventare movimento, al posto delle tradizionali tute blu si iniziarono a vedere qua e là alcune felpe rosse, con scrittona grossa FIOM sul petto.
Le felpe ricordavano, e continuano oggi a ricordare, quelle che Lapo Elkann ideò per rilanciare tra i giovani l'immagine Fiat nei primi anni di questo decennio. Un'operazione che fece sorridere qualcuno – specialmente per il prezzo al pubblico piuttosto esoso (217 euro) – ma che insieme ad altre operazioni di comunicazione e branding, e ad un sostanziale piano industriale di qualità sul settore auto, fece riemergere Fiat da un periodo oscuro fatto di Duna e brutta pubblicità.
Nelle successive manifestazioni si capì che l'operazione felpe per Fiom non era una provocazione, bensì un'azione che faceva parte di un piano e di una strategia di comunicazione ben più vasta, la stessa ad esempio che ha portato nei mesi successivi a vedere il segretario Maurizio Landini e il responsabile auto Giorgio Airaudo nei principali talk show e programmi di approfondimento televisivi.
Non solo le felpe erano in vendita in appositi gazebo durante le manifestazioni al prezzo di 20 euro (realizzati dalla Fruit Of The Loom, storico marchio del merchandising personalizzabile e che di certo non produce in Italia), ma con il tempo si è aggiunta una extension line composta da t-shirt, shopping bag, mouse pad e beauty case, tutti marchiati Fiom.
Risultato dell'operazione? In pochi mesi sono stati venduti circa 10 mila pezzi per un guadagno netto di circa centomila euro che andranno a finire nelle casse del sindacato.
Insomma, in Fiom sono piuttosto convinti che sia necessario andare oltre le bandiere, consigli di fabbrica, manifestini e le vecchie forme di comunicazione per poter motivare gli iscritti e invitarli alla partecipazione.
Parafrasando il titolo di una rubrica che anni fa campeggiava sulle colonne di questo giornale, ci permettiamo di dare un Consiglio a Landini (che tra l'altro possiede una felpa di colore diverso dalle altre, nera con scritta rossa, forse per evidenziare la sua leadership). Fare branding oggi non significa più diffondere loghi e marchi in giro o presenzialismo sui media. Magari lo era negli anni '80 o '90. Ma da qualche anno il marketing di successo ha ripreso valori e parole d'ordine che sembrano uscite da un volantino degli anni 70: partecipazione, condivisione, comunità, dialogo, costruzione di esperienze condivise, magari anche legate a qualche attività nella rete e nei social network.
Le cose cambiano. In fretta.

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