EmmeBi Attached

Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Saturday, September 22, 2007

 
Diamoci del tu

Ma senza esagerare. Il flop di una pubblicità Renault insegna che ammiccare può essere rischioso.

Il Foglio - 22 settembre 2007


“Tranne pochi moribondi, tutti gli italiani, oggi, si danno del tu”. Iniziava con queste parole il dotto e deciso atto d’accusa di Pietro Citati, uscito tempo fa su Repubblica, sulla scomparsa dalla lingua italiana della rispettosa consuetudine di “darsi del lei”. Il pronome della vicinanza che utilizziamo oggi - secondo Citati - banalizza la nostra epoca globalizzata, la rende uniforme e ci impedisce di analizzare la complessità in cui viviamo.
Il fondo l’uso del tu è una semplificazione, un escamotage, una linea diretta verso il destinatario del messaggio, perciò viene molto utilizzato in pubblicità. Ma in questo caso ci sono delle distinzioni da fare e rischi da correre per chi decide di avere un rapporto più amichevole e ammiccante nei confronti del destinatario del messaggio.
Un caso di cronaca ci viene in aiuto. Durante quest’estate la Renault olandese ha deciso di inviare a 30.000 possessori donna del modello Twingo una lettera personale. Ma molto personale.
La missiva era stampata, ma pareva scritta a mano da un misterioso ammiratore che si rivolge alla destinataria in modo molto intimo, esordendo con “ciao cara” e chiudendo con un “con amore”. Nel mezzo una prosa tipica di lettera romantica da parte di uno spasimante che non si vuol far riconoscere: ti vedo spesso quando entri nella tua Twingo, sei molto femminile, mi piacerebbe bere un drink insieme a te, oppure andare a Parigi a fare shopping insieme. Cose così. E, tra una proposta e l’altra, la comunicazione che sta per uscire la nuova Twingo, più confortevole e attraente del precedente modello. La lettera, pur non avendo nessun riferimento all’azienda Renault, conteneva anche una foto della nuova automobile.
Ma il messaggio non è stato gradito.
Gli uffici di Amsterdam dell’azienda francese sono stati subissati di lettere, mail e telefonate di donne inferocite per aver ricevuto la missiva: alcune perché accusate dal marito di coltivare una relazione extraconiugale, altre per essersi illuse di aver davvero un ammiratore segreto. Risultato? La Renault ha dovuto inviare altre 30.000 lettere per scusarsi della missiva, spiegando che l’intenzione era quella di una campagna alternativa ma che, evidentemente, non aveva funzionato come si sperava.
In questo caso è successo che una falsa confidenza ha falsato il messaggio, invero piuttosto insinuante. E’ evidente che nel linguaggio pubblicitario l’uso del tu sia più agevole, snello, caldo e diretto. Ma non è sempre così: le cose possono cambiare a seconda del messaggio da comunicare. Sempre per rimanere nel mercato delle auto, si nota che nelle comunicazioni pubblicitarie rivolte ad un potenziale acquirente viene usato il “tu” mentre per tutte le altre comunicazioni post-vendita le aziende preferiscono utilizzare la formula del “Gentile Cliente”.
Esistono poi dei casi in cui l’uso amichevole del tu viene prolungato per far sentire il nuovo acquirente parte della community e all’interno del “mondo” creato dalla marca.
Con l’avvento delle nuove tecnologie però il ricorso all’utilizzo del tu si è ancora più diffuso, sia nella comunicazioni commerciali sia in quelle interpersonali. Negli sms, nelle mail e nei forum in rete l’informalità regna sovrana.
Caro Citati, si rassegni: il tu è la persona del futuro.

Wednesday, September 19, 2007

 
Tecnicolors

Style Magazine - Settembre 2007

La tesi: solo il nero è sinonimo di serietà. Falso. Tanto che persino lo strumento da manager per eccellenza, il Blackberry, diventa bordeaux.
La nuance più modaiola per il prossimo inverno? Il marrone con sfumature legno. Fa così vintage...

La tecnologia avanza e progredisce a ritmi sempre più veloci: processori miniaturizzati, sistemi intelligenti e memorie supercapaci. Ma è l’aspetto esterno dei prodotti hi-tech quello che oggi cattura l’occhio e l’attenzione dei potenziali acquirenti. Non più seriosi oggetti tecnologici dall’aspetto altero e tecnico, ma balocchi hi-tech coloratissimi e dalle forme più stravaganti.
Da qualche anno le aziende si stanno focalizzando nel realizzare estensioni di linea dei propri prodotti, puntando sul design piuttosto che su sofisticate e complicate innovazioni tecnologiche.
Un tempo i personal computer, i componenti dell’impianto stereo o le consolle dei videogiochi erano solo di due colori, neri o grigi.
Il nero esprimeva autorità, prestigio e anche una certa eleganza non appariscente, il grigio invece comunicava la performance e alte prestazioni tecniche. Poi è arrivato il bianco, (non)colore che in passato era usato esclusivamente per elettrodomestici casalinghi (i “bianchi”, appunto) ma che oggi, specialmente associato ad oggetti del desiderio, “rappresenta un simbolo glamour distintivo di classe, stile ed originalità” come sostiene Luca Cordero di Montezemolo.
Oggi tutti i colori sono stati sdoganati: televisori rosso carminio, pc portatili verde bandiera, iPod blu oltremare.
“Quando osservavo le opere di Andy Warhol, cercavo di capire dove stesse la loro sorprendente modernità” racconta Elio Fiorucci a Style “Un giorno glielo chiesi, e lui mi rispose che erano i colori fluorescenti a dare questo effetto. A quel tempo solo l’alluminio e il grigio rappresentavano la modernità: gli aerei e gli impianti stereo sofisticati erano di quei colori. Finalmente oggi, dopo venticinque anni, l’hanno capito anche i produttori di tecnologie che color flou è meglio”.

Negli Stati Uniti c’è un’azienda, la ColorWare, che con l’ausilio di vernici speciali può cambiare il colore ai vostri asettici oggetti hi-tech.
Noi di Style però vi segnaliamo che “brown is the new black”: il marrone con sfumature legno, che fa tanto vintage ed eleganza anni ‘70, sarà il colore più cool del prossimo inverno per i giocattoli hi-tech.
Noi vi abbiamo avvisato.

Saturday, September 01, 2007

 
Dove osano i ricchi

Il Richistan, un mondo a parte senza maggiordomi ma con molti manager.

Il Foglio, 1 settembre 2007


Secondo il filosofo francese Thierry Paquot il nuovo lusso oggi non è più solo appannaggio di una ristretta élite, ma interessa le masse. Nel suo “Elogio del Lusso” uscito lo scorso inverno per Castelvecchi, Paquot individua tre parole che oggi rappresentano uno stile di vita autentico e “vero lusso”: tempo, spazio e silenzio. Usare il proprio tempo da gestire in libertà, disporre di ampi spazi per sé nei quali poter ritrovarsi. Teoria senz’altro suggestiva ma, come dire, molto teorica.
In realtà il lusso è ancora oggi legato a doppio filo a prodotti costosi ed esclusivi e gode di ottima salute. Secondo l’ultimo rapporto della Merrill Lynch – Capgemini sulla ricchezza mondiale, l’industria del lusso vale oltre 33 mila miliardi di dollari e cresce ad un ritmo dell’11 per cento l’anno. Nel mondo sono oltre nove milioni i super ricchi che possono permettersi un luxury lifestyle.
A differenza del passato il lusso oggi non è più chiassoso e ostentativo. Il ricco vuole essere ricco nel suo privato, magari circondato dai membri della sua tribù. Oggi i consumatori del lusso desiderano soprattutto discrezione, accesso limitato e nuove esperienze: alla Bentley su misura o alla scarpa realizzata in numero limitato, preferiscono l’invito al resort sperduto nel Sudafrica insieme a rockstar e premi nobel o gareggiare per un appuntamento al buio con il gioielliere parigino di grido o per la propria biografia edita in unica copia con foto, lettere e altri dettagli intimi. Nuove connessioni, nuove emozioni, nuovi significati.
Un mondo a parte, in fondo. Anzi, di più. Una società all’interno della nostra società, una nazione trasversale i cui cittadini sono multimilionari che vivono in ville da 3000 metri quadri e in yacht da 120 metri e possiedono patrimoni di milioni di euri.
Negli Stati Uniti i multimilionari sono raddoppiati in meno di dieci anni e solo nel 2005 se ne sono aggiunti oltre duecento mila. Il giornalista del Wall Street Journal Robert Frank ha deciso di compiere un viaggio all’interno della comunità dei superricchi statunitensi e di raccontarlo nel suo libro “Richistan: A Journey Through the American Wealth Boom and the Lives of the New Rich” uscito da poco negli Usa (Crown Publishers, $24,95) e in Inghilterra.
Il libro di Robert Frank è una sorta di libro turistico. Richistan, sostiene, un tempo era solo un villaggio virtuale, ma oggi è grande come una nazione e i suoi abitanti sono, da un punto di vista finanziario, degli stranieri per gli Stati Uniti: hanno un proprio sistema sanitario gestito da “concierge doctors”, viaggiano e si muovono in modi e tempi completamente diversi da noi e acquistano prodotti realizzati in pochi esemplari di marchi sconosciuti a noi umani. Non hanno bisogno della servitù ordinaria, maggiordomo o cameriere vecchio stile, ma di veri e propri manager che, con un budget di qualche milione di dollari, riescono a gestire la casa, le persone di servizio e il tempo libero della famiglia richistanis.
Frank non analizza il modo in cui i nuovi ricchi sono riusciti a accumulare le proprie ricchezze, se con IPO e stock options milionarie in borsa o investimenti su nuove tecnologie, è invece più interessato al loro stile di vita, a come passano il tempo libero, ai consumi e ai loro interessi.
I Richistanis sono più democratici che repubblicani, ovviamente disgustati dalla gestione Bush e, per questo, disposti a investire parte del loro patrimonio sui candidati progressisti. Questi nuovi ricchi hanno poi un approccio diverso alla filantropia: invece di donare soldi a Onlus o per cause benefiche che comportano solo alti costi, molti richistanis dedicano parte del proprio lavoro a operazioni filantropiche parallele al proprio business, eliminando le inefficienze e con dettagliate analisi costi-benifici sulle donazioni effettuate.
Anche il mondo dei Richistanis è complesso e segmentato: all’interno esiste il livello basso, il medio e l’upper class, ognuno di questi con i propri livelli di ricchezza, punti di riferimento e nuovi status symbol da possedere.
Ma, in fondo, a Richistan sono felici?
Leggendo il libro di Robert Frank si direbbe di no. Anche in questo mondo parallelo la lotta per la sopravvivenza è senza tregua: se un tempo 5 milioni di dollari erano considerati il budget sufficiente per il sostentamento, oggi questo è raddoppiato o triplicato. Nascono così all’interno di Richistan “gruppi di sostentamento per la ricchezza” e corsi speciali per far capire ai figli il valore del denaro con l’obiettivo di non trasformarli in tanti piccoli Paris Hilton.

Archives

10/01/2004 - 11/01/2004   11/01/2004 - 12/01/2004   12/01/2004 - 01/01/2005   01/01/2005 - 02/01/2005   02/01/2005 - 03/01/2005   03/01/2005 - 04/01/2005   04/01/2005 - 05/01/2005   05/01/2005 - 06/01/2005   06/01/2005 - 07/01/2005   07/01/2005 - 08/01/2005   08/01/2005 - 09/01/2005   09/01/2005 - 10/01/2005   10/01/2005 - 11/01/2005   11/01/2005 - 12/01/2005   12/01/2005 - 01/01/2006   01/01/2006 - 02/01/2006   02/01/2006 - 03/01/2006   03/01/2006 - 04/01/2006   04/01/2006 - 05/01/2006   05/01/2006 - 06/01/2006   06/01/2006 - 07/01/2006   07/01/2006 - 08/01/2006   09/01/2006 - 10/01/2006   10/01/2006 - 11/01/2006   11/01/2006 - 12/01/2006   12/01/2006 - 01/01/2007   01/01/2007 - 02/01/2007   02/01/2007 - 03/01/2007   03/01/2007 - 04/01/2007   04/01/2007 - 05/01/2007   05/01/2007 - 06/01/2007   06/01/2007 - 07/01/2007   07/01/2007 - 08/01/2007   08/01/2007 - 09/01/2007   09/01/2007 - 10/01/2007   10/01/2007 - 11/01/2007   11/01/2007 - 12/01/2007   02/01/2008 - 03/01/2008   04/01/2008 - 05/01/2008   08/01/2008 - 09/01/2008   07/01/2009 - 08/01/2009   11/01/2009 - 12/01/2009   12/01/2009 - 01/01/2010   01/01/2010 - 02/01/2010   02/01/2010 - 03/01/2010   03/01/2010 - 04/01/2010   05/01/2010 - 06/01/2010   06/01/2010 - 07/01/2010   08/01/2010 - 09/01/2010   11/01/2010 - 12/01/2010   12/01/2010 - 01/01/2011   01/01/2011 - 02/01/2011   02/01/2011 - 03/01/2011   03/01/2011 - 04/01/2011   04/01/2011 - 05/01/2011   05/01/2011 - 06/01/2011   06/01/2011 - 07/01/2011   07/01/2011 - 08/01/2011   08/01/2011 - 09/01/2011   09/01/2011 - 10/01/2011   10/01/2011 - 11/01/2011   11/01/2011 - 12/01/2011   12/01/2011 - 01/01/2012   01/01/2012 - 02/01/2012   02/01/2012 - 03/01/2012   05/01/2012 - 06/01/2012   06/01/2012 - 07/01/2012   07/01/2012 - 08/01/2012   08/01/2012 - 09/01/2012   04/01/2013 - 05/01/2013   06/01/2013 - 07/01/2013   07/01/2013 - 08/01/2013   08/01/2013 - 09/01/2013   08/01/2014 - 09/01/2014   01/01/2017 - 02/01/2017  

This page is powered by Blogger. Isn't yours?