: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
Dove osano i ricchi
Il Richistan, un mondo a parte senza maggiordomi ma con molti manager.
Il Foglio, 1 settembre 2007
Secondo il filosofo francese Thierry Paquot il nuovo lusso oggi non è più solo appannaggio di una ristretta élite, ma interessa le masse. Nel suo “Elogio del Lusso” uscito lo scorso inverno per Castelvecchi, Paquot individua tre parole che oggi rappresentano uno stile di vita autentico e “vero lusso”: tempo, spazio e silenzio. Usare il proprio tempo da gestire in libertà, disporre di ampi spazi per sé nei quali poter ritrovarsi. Teoria senz’altro suggestiva ma, come dire, molto teorica.
In realtà il lusso è ancora oggi legato a doppio filo a prodotti costosi ed esclusivi e gode di ottima salute. Secondo l’ultimo rapporto della Merrill Lynch – Capgemini sulla ricchezza mondiale, l’industria del lusso vale oltre 33 mila miliardi di dollari e cresce ad un ritmo dell’11 per cento l’anno. Nel mondo sono oltre nove milioni i super ricchi che possono permettersi un luxury lifestyle.
A differenza del passato il lusso oggi non è più chiassoso e ostentativo. Il ricco vuole essere ricco nel suo privato, magari circondato dai membri della sua tribù. Oggi i consumatori del lusso desiderano soprattutto discrezione, accesso limitato e nuove esperienze: alla Bentley su misura o alla scarpa realizzata in numero limitato, preferiscono l’invito al resort sperduto nel Sudafrica insieme a rockstar e premi nobel o gareggiare per un appuntamento al buio con il gioielliere parigino di grido o per la propria biografia edita in unica copia con foto, lettere e altri dettagli intimi. Nuove connessioni, nuove emozioni, nuovi significati.
Un mondo a parte, in fondo. Anzi, di più. Una società all’interno della nostra società, una nazione trasversale i cui cittadini sono multimilionari che vivono in ville da 3000 metri quadri e in yacht da 120 metri e possiedono patrimoni di milioni di euri.
Negli Stati Uniti i multimilionari sono raddoppiati in meno di dieci anni e solo nel 2005 se ne sono aggiunti oltre duecento mila. Il giornalista del Wall Street Journal Robert Frank ha deciso di compiere un viaggio all’interno della comunità dei superricchi statunitensi e di raccontarlo nel suo libro “Richistan: A Journey Through the American Wealth Boom and the Lives of the New Rich” uscito da poco negli Usa (Crown Publishers, $24,95) e in Inghilterra.
Il libro di Robert Frank è una sorta di libro turistico. Richistan, sostiene, un tempo era solo un villaggio virtuale, ma oggi è grande come una nazione e i suoi abitanti sono, da un punto di vista finanziario, degli stranieri per gli Stati Uniti: hanno un proprio sistema sanitario gestito da “concierge doctors”, viaggiano e si muovono in modi e tempi completamente diversi da noi e acquistano prodotti realizzati in pochi esemplari di marchi sconosciuti a noi umani. Non hanno bisogno della servitù ordinaria, maggiordomo o cameriere vecchio stile, ma di veri e propri manager che, con un budget di qualche milione di dollari, riescono a gestire la casa, le persone di servizio e il tempo libero della famiglia richistanis.
Frank non analizza il modo in cui i nuovi ricchi sono riusciti a accumulare le proprie ricchezze, se con IPO e stock options milionarie in borsa o investimenti su nuove tecnologie, è invece più interessato al loro stile di vita, a come passano il tempo libero, ai consumi e ai loro interessi.
I Richistanis sono più democratici che repubblicani, ovviamente disgustati dalla gestione Bush e, per questo, disposti a investire parte del loro patrimonio sui candidati progressisti. Questi nuovi ricchi hanno poi un approccio diverso alla filantropia: invece di donare soldi a Onlus o per cause benefiche che comportano solo alti costi, molti richistanis dedicano parte del proprio lavoro a operazioni filantropiche parallele al proprio business, eliminando le inefficienze e con dettagliate analisi costi-benifici sulle donazioni effettuate.
Anche il mondo dei Richistanis è complesso e segmentato: all’interno esiste il livello basso, il medio e l’upper class, ognuno di questi con i propri livelli di ricchezza, punti di riferimento e nuovi status symbol da possedere.
Ma, in fondo, a Richistan sono felici?
Leggendo il libro di Robert Frank si direbbe di no. Anche in questo mondo parallelo la lotta per la sopravvivenza è senza tregua: se un tempo 5 milioni di dollari erano considerati il budget sufficiente per il sostentamento, oggi questo è raddoppiato o triplicato. Nascono così all’interno di Richistan “gruppi di sostentamento per la ricchezza” e corsi speciali per far capire ai figli il valore del denaro con l’obiettivo di non trasformarli in tanti piccoli Paris Hilton.