: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
La Settimana Incom
Estate ChimicaIl Foglio - Sabato 27 Agosto 2005
Sole accecante, spiaggia morbida e bianca, mare celeste, brezza di vento continua, kitesurfer professionisti e ragazze abbronzantissime in topless e perizoma a fare da coreografia, muscolosi baywatch che osservano dall’alto. A raccontarlo sembra di stare nella spiaggia di Rangiroa, Santa Monica o Mahe. Macchè.
Siamo a Rosignano Solvay, Livorno, Toscana, Italia.
Siamo alle "SpiaggeBianche": un chilometro di costa che si estende lungo la via Aurelia tra Rosignano Solvay e Vada. Sulla carta, e nelle foto, un autentico paradiso.
Ma diciamola tutta.
La sabbia è bianca a causa del bicarbonato di calcio derivante dagli scarti di lavorazione della Solvay - la multinazionale belga che estrae salgemma dai giacimenti di Volterra e della Val di Cecina per la produzione di soda, sale, bicarbonato e cloro - i cui stabilimenti neogotici si ergono dietro questa striscia lunare; per circa mezzo chilometro c’è il divieto di balneazione in prossimità del cosiddetto Fosso Bianco, un rivo artificiale che funziona da scarico industriale; nell’intero tratto di costa poi non c’è traccia di vita: né conchiglie, né alghe, né pesci, né qualsivoglia specie marina.
La situazione è in realtà più complessa e stratificata di quanto si può immaginare: da una parte c’è la Solvay che, nell’occhio del mirino, ha investito molto negli ultimi anni in impianti di depurazione, ricevendo anche premi e onorificenze da parte di Legambiente. Dall’altra ci sono le statistiche che rivelano tra gli abitanti della zona un tasso di incidenza tumorale più alto della media, il fiume Cecina che rimane asciutto per i massicci prelievi d’acqua dello stabilimento e infine il rischio, sempre paventato mai realmente provato, della contaminazione di mercurio nei fondali.

Resta il fatto che le spiaggebianche rimangono un luogo di culto assoluto: il riverbero dei raggi del sole sull’acqua e sulla sabbia bianchissima assicurano in breve tempo un’abbronzatura caraibica e i maniaci della pelle scura accorrono qui da mezza Toscana ad inizio stagione per "farsi la base", salvo poi non fare troppi bagni di mare e vedere la propria abbronzatura sciogliersi e sbiancarsi.
Le spiaggebianche sono il luogo prediletto per fotografi di moda o per quelle case di produzione pubblicitarie che non possono permettersi viaggi oltreoceano: dal cavallo bianco della Vidal alle foto per i cataloghi dei costumi da bagno, in molti hanno usato la spiaggia bianca e chimica come location per i propri set, stando sempre attenti che la macchina da presa non andasse a scoprire i fabbricati geometrici e fumanti della Solvay.
Lungo tutta la riviera livornese le spiaggebianche rimangono comunque l’unica area di spiaggia libera vasta e accessibile a tutti, dove vi è lo spazio per poter giocare a pallone e a frisbee, imparare il windsurf da istruttori preparati o esibirsi in topless.

Peraltro negli ultimi anni si è messa in moto una sorprendente macchina organizzativa: un consorzio delle cooperative rosse legato al comune di Rosignano ha preso in gestione tutta l’area delle spiaggebianche, dal parcheggio al bar fino al noleggio delle attrezzature praticando dei prezzi ben al di sotto della media (2,5€ per il parcheggio custodito e 4€ per un ombrellone e due sdraio per tutto il giorno). Questa nuova veste ha attirato un pubblico composto da famiglie assortite e il luogo, almeno in alta stagione, ha perso quella patina di coolness giovanile che aveva fino a qualche anno fa quando, durante l’ultimo sabato di Luglio, veniva organizzata la “Sangriata” un megaparty notturno - sulla scia del Big Beach Boutique creato dal dj Fat Boy Slim sulla spiaggia di Brighton - che richiamava più di trentamila ragazzi ma che quest’anno non ha avuto luogo.
Con le sue mille contraddizioni e mutamenti la spiaggia bianca di Solvay resta un luogo affascinante, ideale per racconti postmoderni come l’ultimo bel romanzo della scrittrice Paola Presciuttini ("Non dire il mio nome" - Meridiano Zero) dove la protagonista, alla ricerca della propria identità sessuale, vive la sua incerta e tormentata adolescenza in una casa tra una "riscia di sabbia bianca come il talco e una fabbrica che luccica come un’astronave".