: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
CONSIGLI A LAPO – 4
(Coke-Pepsi, Bush-Kerry)
di Michele Boroni
Il Foglio, 5 Novembre 2004
In questa colonna non si fa politica. Qui vengono trattate - con leggerezza - strategie di marketing, comunicazione di massa e pubblicità - come la politica, in effetti. Comunque qualsiasi riferimento a fatti, persone esistenti o eventi accaduti nel mondo in questi giorni, è del tutto casuale e solo frutto della vostra fulgida immaginazione.
Perciò oggi ci occupiamo del mercato delle bevande gassate. Com’è noto, due sono gli attori protagonisti di questo settore: Coca-Cola e Pepsi-Cola. La Coca-Cola viene alla luce nel 1886 ad Atlanta, Georgia per mano del dottor John Pemberton come sciroppo contro il mal di testa da post sbornia.
La Coca-Cola in America e nel mondo è così popolare da essere ormai diventata sinonimo di prodotto: avete mai sentito qualcuno che al bar chiede una cola gassata? Se è un no-global chiede direttamente un Crodino. La Coca-Cola è un prodotto dell’America e, come tale, si riconosce in tutto e per tutto nei suoi valori: conservatrice e tradizionalista. Patria e famiglia. E la sua comunicazione, fatta di buoni sentimenti e babbi natale, è in perfetta coerenza con questa identità. La Pepsi invece ha da sempre adottato una comunicazione più aggressiva e d’impatto: nata come versione popolare e “da cucina” della Coke, si è poi nel tempo riposizionata trasformandosi in un marchio più giovane e alla moda e, per abbattere la leadership della Coca-Cola, è arrivata a sfruttare, attraverso la pubblicità, degli eventi demografici epocali come il baby boom post-bellico per creare una "Pepsi Generation" dallo stile di vita progressista e antagonista rispetto a quello del concorrente.
Nel secolo scorso la Coke ha sfruttato ogni strumento sfruttato per esportare e far conoscere la bevanda: l’intervento USA durante il primo conflitto mondiale si è dimostrato, ad esempio, una straordinaria occasione per far sentire i soldati a casa e per diffondere la notorietà del marchio nei paesi in cui era ancora sconosciuta.
Alla fine degli anni 70, inizio 80, la Pepsi inizia invece a realizzare una serie di spot utilizzando la pubblicità comparativa, cioè quella tecnica, lecita negli USA in tutte le sue forme, che permette di citare anche il marchio concorrente cercando di evidenziarne i difetti. In questi commercial, che hanno fatto la storia della pubblicità, la Coca-Cola viene rappresentata, con ironia e surrealismo, come la bandiera di un ipotetico partito conservatore, un’ala destra costituita da adulti tristi, decrepiti e in via di estinzione, mentre Pepsi come il marchio giovane e figo. Irresistibile lo spot in cui, per errore, una fornitura di Pepsi viene recapitata ai vecchi di un ospizio anziché ai giovani di un party, mentre a costoro viene distribuita la Coca-Cola riservata agli anziani, così i ruoli generazionali si invertono: i giovani si comportano come rimbambiti, mentre i nonni ballano e flirtano.
Così, per interi decenni, la Pepsi ha continuato a comunicare alludendo ai difetti e ai lati negativi dell’immagine della Coca-Cola e mai esaltando le proprie caratteristiche di prodotto.
Per essere più vicina al mercato dei giovani, ha poi utilizzato, e utilizza tutt’ora, testimonial dagli ingaggi milionari (da Michael Jackson a Francesco Totti, da Britney Spears a Michael Jordan, fino al recentissimo trio Beyoncè-Jennifer Lopez-Beckham).
La Coca-Cola è inoltre stata oggetto in questi ultimi anni di boicottaggi, libri e documentari diffamatori per presunti
crimini di lesa umanità nonchè accusata di essere la mandante di politiche persecutorie nei confronti di lavoratori sindacalizzati nelle imprese colombiane.
Ma, nonostante le accuse infamanti, il look attempato, gli errori commessi (come quando un manager impazzito volle cambiare la formula organolettica della bevanda), i testimonial e gli investimenti milionari del concorrente, la Coca-Cola rimane, negli Stati Uniti e nel mondo, leader di mercato.
Probabilmente anche per i prossimi quattro anni.