: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
Il web è bello perché vive di
paradossi.
Primo paradosso. Oggi nell'e-commerce
l'abbigliamento è il secondo comparto, dopo il turismo, in termini
di volume d'affari. Questo vuol dire “comprare senza provare”
(anche se poi c'è il diritto di recesso e si può rimandare il
prodotto indietro se non piace).
Secondo paradosso. Il settore trainante
è quello del lusso femminile. Gli uomini sono storicamente meno
inclini ad andare in giro per negozi e boutique, e quindi
l'e-commerce rappresenterebbe la soluzione ideale per i loro
acquisti; tuttavia fino a poco più di un anno fa non esisteva un
e-store di riferimento per lo stile maschile e quei pochi che erano
nati capolino avevano avuto vita breve.
Nel febbraio 2011 è arrivato però Mr.
Porter (
www.mrporter.com)
e ha rivoluzionato il mercato trovando la chiave giusta.
Mr. Porter è il cugino maschile di
Net-A-Porter, il sito più importante da più di dieci anni nel campo
dello shopping online di lusso femminile e che fa parte del gruppo
Richemont. Ci sono voluti anni e anni di analisi su esigenze e
motivazioni d'acquisto per capire come approcciare al meglio la
specie shopaolic del cromosoma XY.
Come il femminile alterna contenuti
editoriali alle pagine di shopping, ma mentre per le donne è
necessario puntare sui prodotti
must-have e sulle ultime
tendenze lanciate dalla celebrity di turno, Mr. Porter preferisce
raccontare, anche con cenni storici, stili e capi classici (quando è
stato inventato il blazer, come portare) o toccare temi di interesse
generale (auto, moto, viaggi) a cui associa proposte di abbigliamento
e accessori. Per questo è stato chiamato a dirigerlo Jeremy
Langmead, già editor della rivista Esquire UK.
Il formato poi è quello giusto.
Rispetto a Net-A-Porter con la tipica struttura da magazine
femminile, Mr. Porter somiglia più a un quotidiano vecchio stile
(non a caso si chiama “The Journal”): grafica pulita, molte foto
in bianco e nero, ma anche lunghi racconti e profili di persone di
stile (da Paul Weller al giovane Paul Newman) ben scritti e
raccontati o brevi videointerviste a designer. No sfilate, solo
servizi originali. La cadenza è quella di un settimanale: ogni
martedì nuovi prodotti e nuovi contenuti.
Mr Porter si propone di essere un amico
di fiducia che dispensa consigli di stile (style, la parola
fashion è pressoché bandita sul sito) costruendo una vera e
propria relazione con il lettore-utente-potenziale acquirente, ma
anche verso coloro che non hanno intenzione al momento di acquistare.
Langmead ama dire che Mr. Porter “offre
servizi inclusivi per prodotti esclusivi”.
I marchi proposti sono quelli classici
del lusso
mainstream - dalle camicie Brooks Brothers alle
scarpe John Lobb - ma tra gli oltre 160 brand c'è spazio anche per
marchi più sportivi e casual come New Balance e J Crew.
I prezzi peraltro non sono nemmeno i
più convenienti, ma il modo in cui sono presentati, lo
storytelling,
le immagini e l'attenzione per i dettagli soddisfano pienamente
l'utente-cliente.
Poi c'è il servizio. Mr. Porter
consegna in pochi giorni in 170 paesi (compreso l'Italia) e il giorno
stesso se si abita a Manhattan o a Londra. Oggi Mr. Porter ha un
milione di visite uniche al mese ed è il riferimento principale per
chi si occupa di abbigliamento su internet.
L'esperienza di acquisto online,
semplice e soddisfacente, non si esaurisce con l'acquisto sul sito.
Paradossalmente per un sito web, la parte più interessante di Mr.
Porter è il packaging. C'è una cura pazzesca: dalla carta velina
(se al tuo primo acquisto era nera, la volta dopo sarà bianca) al
font utilizzato per scrivere il nome del cliente nella confezione
ispirato alla calligrafia di Francis Bacon, fino al gift che
ti arriva se c'è stato un ritardo nella consegna.
Per una volta il termine tanto abusato
“esperienza d'acquisto” ha una propria ragione d'essere.