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Tuesday, April 04, 2006

 
IL FOGLIN SPORTIVO
Quando è il calcio a esportare

Il Foglio - 4 Aprile 2006


La società di consulenza Deloitte da nove anni conduce una ricerca per individuare le venti squadre di calcio più ricche del mondo, ovvero quelle che sviluppano più ricavi.
La classifica del 2005 segna un importante sorpasso: per la prima volta il Manchester United non si trova più in vetta alla classifica dei club più ricchi, ma è sorpassato dal Real Madrid: grazie ad una profonda trasformazione nel modo di gestire il proprio business, il Real è riuscito a raddoppiare i propri ricavi negli ultimi quattro anni, contabilizzando quest’anno 276 milioni di euro.
Nella top 20 sono presenti otto club inglesi, cinque italiani (Milan al 3° posto, Juventus al 4°, Inter al 9°, Roma al 11°, Lazio al 20°), tre spagnoli, due tedeschi, uno francese e uno scozzese. Pur essendo una classifica internazionale, nessuna squadra non europea è presente nel report presentato poche settimane fa alla stampa.
Basandosi sui dati resi pubblici dai club, la classifica tiene conto di tre tipi di ricavi: gli incassi delle partite, composti dalle vendite dei biglietti e abbonamenti, gli introiti da “broadcasting” ovvero i proventi dei diritti televisivi sia per le partite di campionato sia per le coppe internazionali e, infine, le entrate cosiddette “commerciali”, quelle derivanti dagli sponsor, dalla vendita di merchandising e dallo sfruttamento dell’immagine del club.
Negli ultimi anni si è assistito ad una sostanziale crescita dei ricavi dei club europei determinata soprattutto dagli introiti dei diritti televisivi: in questo campo le squadre italiane, che hanno potuto negoziare singolarmente i diritti di trasmissione con le emittenti tv, sono riuscite ad ottenere il maggior beneficio (il Milan si è assicurato circa 138 milioni di euro dai diritti tv, pari al 59 per cento delle proprie entrate ). Ovviamente un maggior incasso sui diritti tv si traduce in un minor ricavo derivante dalla vendita dei biglietti allo stadio: la Juve, ad esempio, ha il minor numero medio di spettatori paganti dell’intera Money League (26.000 tra biglietti e abbonamenti per singola partita) e contribuisce ai ricavi totali della squadra solo per un 10 per cento. Gli altri club, al contrario, possono contare sugli incassi derivanti dai servizi accessori offerti dagli stadi che si sono trasformati in veri e propri spazi polifunzionali (centri commerciali, spazi per conferenze ecc…): in particolare le società inglesi - e, ultimamente, le tedesche - hanno investito molto sulle nuove strutture che hanno portato nuovo pubblico allo stadio.
Ma la vera sorpresa è rappresentata dal Real Madrid e dalla gestione improntata dal presidente Perez. Al contrario delle squadre inglesi e di quelle italiane, il club madrileno ha basato la propria crescita sugli accordi commerciali: l’obiettivo di Perez era quello di rendere il Real il club più noto e popolare al mondo. In questa direzione va interpretata la scelta di costruire una squadra di campioni come Ronaldo, Beckham e Zidane e dei continui tour pre-campionato in Estremo Oriente. Tutto questo ha portato ad una serie di sponsorizzazioni milionarie con Siemens, Adidas, Pepsi e Audi (46 milioni di euro) e un’entrata annuale pari a 54 milioni derivata dalla vendita di merchandising e dalla concessioni delle licenze di sfruttamento del marchio e dei colori del Real in tutto il mondo.
Oltre ai risultati d’esercizio, nel calcio contano i risultati sul campo, e negli ultimi anni a Madrid non si sono proprio visti: il Real nel 2005 è arrivata seconda nella Primera Liga ed eliminata dalla Juve in Champions League. Quest’anno poi gli obiettivi d'inizio stagione sembrano ormai tutti irraggiungibili, come la Coppa del Re (eliminati in semifinale dal Saragozza), o compromessi, come la Liga, (dieci i punti di svantaggio dal Barcellona). E quindi il presidente Perez ha dovuto rassegnare le proprie dimissioni: prendendosi tutte le colpe, autoaccusandosi di aver viziato i giocatori e di essersi comportato come “il padre che ha cercato di dare il meglio ai propri figli, e loro hanno frainteso”.
E’ proprio vero, anche i ricchi piangono.

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