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Thursday, December 08, 2005

 
CONSIGLI A LAPO - 29

L'arte di chiamare "evento" un'operazione che non ha nulla di epocale.

Il Foglio - 8 Dicembre 2005


Per prima cosa smettiamo di chiamarli “eventi”: cerchiamo di utilizzare questo nobile lemma nel suo significato originale, ovvero per descrivere avvenimenti straordinari
- positivi o negativi che siano - dal carattere epocale come la morte di un Papa, il passaggio della cometa di Halley o lo scudetto dell’Inter. La convention della forza vendita o il centenario della fondazione dell’azienda per quanto importanti per il microcosmo ombelicale d’impresa, non possono altresì esser considerati circostanze eccezionali e speciali per l’universo mondo di fornitori, clienti o semplici indifesi consumatori.
Prima però proviamo a capire cosa effettivamente ricade dentro il concetto di “evento aziendale”: secondo una definizione corrente si tratta di “un mezzo di comunicazione attraverso il quale si stabilisce un rapporto diretto ed emotivo con il target di riferimento, basato sulla relazione e sull’esperienza personale, spesso con forte contenuto d’intrattenimento più o meno spettacolare”. Un grande calderone dove dentro vanno a finire le feste per i lanci di nuovi prodotti o servizi (solitamente in concomitanza con le fiere di settore), le convention, i roadshow (cioè gli eventi itineranti), quelli realizzati dalle tv o dai network radiofonici dove le aziende partecipano come co-sponsor, gli incentive, le manifestazioni no profit e le celebrazioni aziendali più varie e disparate. L’istituto di ricerche Astra diretto da Enrico Finzi ha monitorato questo frastagliato e multiforme universo e, attraverso interviste a manager, amministratori delegati e direttori marketing, ha stimato che in Italia l’investimento delle aziende sul “media eventi” nell’ultimo anno è stato di circa 960 milioni di euro. Una cifra non così ingente se si pensa che, ad esempio, il volume d’affari pubblicitario sulla stampa è di circa tre miliardi di euro all’anno: è vero altresì che il settore degli eventi rappresenta oltre la metà degli investimenti in relazioni pubbliche e che oggi è l’unico comparto dinamico con una incremento annuo del 30%, mentre il resto del mercato della comunicazione cresce faticosamente del 2%.
Insomma, gli eventi piacciono molto agli amministratori delegati e ai responsabili marketing delle aziende italiane, e sono molti i vantaggi e le opportunità che gli sono riconosciuti: raggiungono direttamente ed efficacemente il target prescelto in un colpo solo, sono coinvolgenti, danno visibilità all’azienda o alla marca e una buona ricaduta (gratuita) sui mass media, sono un efficace strumento per incontri di business e per procurarsi “contatti” utili, assicurano una presenza sul territorio, sono percepiti come un’iniziativa dall’ottimo rapporto qualità/prezzo e conferiscono all’azienda un’aurea ludica e accattivante.

Il mondo delle agenzie specializzate nell’ideazione e organizzazione d’eventi è ancora più complesso e articolato della materia che trattano. Accanto alle società di pubbliche relazioni serie e riconosciute, ruota tutto un universo del terziario avanzato e specializzato - rigorosamente identificato con termini inglesi, per mimetizzarsi meglio - e che allunga la filiera in un gioco infinito di deleghe : dall’agenzia di location al service audio e video, dal catering agli image makers cioè quei pierre tipici dei tardi Ottanta così efficacemente tratteggiati da Nanni Moretti in “Caro Diario” al suo arrivo a Panarea e che propongono soluzioni esose, pacchiane e spesso fuori luogo.
“E’ la location che fa l’evento” è la frase che si sente dire più spesso tra gli addetti ai lavori: così ogni luogo diventa location, dal teatro della Fenice al cantiere nel centro città profondo sedici metri, oltre agli spazi polifunzionali monopolizzati dai designer di moda.(la foto qui a fianco è la prima immagine che compare su google inserendo la parola event)
Ormai in città come Milano o Roma, gli “eventi” sono un rituale e quindi, ancora una volta, tradiscono le intenzioni e la propria natura intrinseca. Quelli che assumono la forma di “party aziendale”, ad esempio per la presentazione di un nuovo prodotto, sono diventati ormai gli unici luoghi d’incontro di chi vuol vedere ed essere visto, con tutto quel triste repertorio che si portano dietro: l’assalto al free bar e al buffet, la zona vip, i gadget in omaggio, il triste “momento istituzionale” con il discorso dell’amministratore delegato o la proiezione delle diapositive dell’ultima convention. Uno dei tanti segni di declino della civiltà occidentale.
Ma il futuro è già qui e, secondo la ricerca Astra, il fenomeno che sta crescendo con maggior velocità è quello degli eventi on-line, avvenimenti organizzati non in un unico luogo fisico, bensì sulla rete: qui è possibile vedere, leggere, scaricare documenti o filmati e, in generale, comunicare con gli altri partecipanti al “web event” o direttamente con gli organizzatori dell’evento che, quantomeno, risparmieranno sul catering.

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