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Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Saturday, September 03, 2005

 
Spot dell'esercito per piacere a mamma

Il Foglio, 3 Settembre 2005

Interno giorno. Cucina di una famiglia middle class afro-americana nella provincia USA. Un teenager si siede a tavola con la madre e le rivela di aver trovato il modo per pagarsi gli studi. Ha deciso di entrare nell’esercito. Dettaglio volto scettico della madre. Il ragazzo spiega che si è informato e che può scegliere l’addestramento e la specializzazione che desidera. Tenta di persuaderla. "Ma, soprattutto, è ora che io diventi un uomo". Primo piano della donna. Pare ora più sollevata e chiede di avere maggiori informazioni. Il ragazzo inizia a raccontarle il suo progetto di diventare ingegnere. Dissolvenza in nero. Logo U.S. Army. Nero. Claim "Aiutateli a trovare la loro forza".

S’intitola "Dinner conversation" (conversazione a cena) ed è uno dei quattro soggetti - tre in inglese, uno in spagnolo - ideati dall’agenzia pubblicitaria Leo Burnett per la nuova campagna di reclutamento dell’esercito americano, in programmazione nei principali network televisivi. Tutti gli spot mostrano conversazioni familiari in cui i figli tentano di convincere gli scettici genitori dei benefit della U.S. Army. Il target di comunicazione degli spot non è il pubblico dei ragazzi, ovvero le potenziali reclute, bensì i loro genitori. Secondo una strategia di marketing molto in voga ora, le pubblicità sono più efficaci se si rivolgono agli "influencers" piuttosto che ai responsabili d’acquisto: per questo motivo adesso gli spot delle automobili o di costosi televisori al plasma sono sempre più spesso rivolte ai bambini e utilizzano codici e immagini giocose e ispirate ai fumetti per persuadere i figli, che poi convinceranno i padri all’acquisto. Nel caso degli spot della U.S. Army pesano soprattutto i risultati di alcune ricerche condotte dal Dipartimento di Difesa secondo le quali sarebbero i genitori i principali ostacoli alla decisione di arruolamento dei figli: solo una famiglia su quattro consiglia la leva volontaria.
Secondo Ray De Thorne, brand manager della US Army, l’attuale generazione dei genitori non ha provato in prima persona l’esperienza militare, anzi ha un vissuto negativo e, soprattutto, influenzato dalle notizie che arrivano quotidianamente dal fronte iracheno.

I quattro spot pensati e realizzati dalla Leo Burnett non fanno alcun riferimento alla guerra in Iraq: nessuna immagine di addestramenti, simulazioni di attacco o vita di caserma. Se non ci fosse il logo finale della U.S. Army (una stella bianca e ocra che ricorda più un marchio di jeans trendy per skaters piuttosto che il simbolo dell’esercito che esporta la democrazia) non sembrerebbe nemmeno uno spot di reclutamento militare: la garanzia di un’entrata per pagare il college, la possibilità di fare carriera e l’occasione per trasformare un apatico ragazzino in un cittadino responsabile hanno preso il posto di concetti come patria e disciplina, coraggio e sacrificio.
L’immagine di Uncle Sam che puntava l’indice e proclamava l’imperativo "I Want You" pare risalire alla preistoria. Gli spot ora in onda sono un’evoluzione in chiave soft di "The Army of One" (L’esercito di un uomo solo) lo slogan della precedente campagna per il reclutamento, mirato ad enfatizzare l'aspetto della scelta di vita personale della matricola. Di fronte alle cifre sul calo dei soldati e alla prospettiva di chiudere il 2005 sotto gli obiettivi prefissati, il Pentagono tenta ora di entrare nelle cucine e nei salotti dove le famiglie decidono il futuro dei figli. Dato poi che viviamo nella società dello spettacolo, nei prossimi mesi sono previsti una serie di spot interpretati da Donald Trump e Kelly Perdew, l’ex ufficiale dell’intelligence e vincitore del reality show "The Apprentice 2" in cui Trump - autore e conduttore - valuta le qualità manageriali dei concorrenti e mette in palio la gestione di un'azienda.

Comments:
Good design!
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