: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
CONSIGLI A LAPO - 25
Fare concorrenza alla Cina sulla qualità non rende, meglio puntare sull'"originalità dell'origine"Il Foglio - Sabato 10 Setttembre 2005“Premiata ditta fondata nel 1910”, “Antica banca dal 1472”, “Cinque generazioni di viticoltori” e così via: la storia e il passato di società o gruppi aziendali sono da sempre trattati in modo folkloristico e difficilmente si traducono in un effettivo beneficio verso il consumatore finale. Il patrimonio storico di un’azienda, quello che troppo spesso giace indisturbato in grigi e polverosi archivi, viene riesumato - sotto forma di vecchi documenti illeggibili o foto ingiallite - solo in occasione della pubblicazione di inutili tomi da regalare ai grossi clienti per Natale o per arredare la sala riunioni del consiglio d’amministrazione. Ci sono poi quelle aziende, tronfie del proprio passato, che si arrogano il diritto di spiegare la storia d’Italia semplicemente mostrando al pubblico cinquant’anni delle proprie pubblicità.
Il patrimonio storico di una società può essere, al contrario, un efficace strumento di marketing capace di fidelizzare i clienti e offrire loro un reale vantaggio.

Alcune aziende, quelle più lungimiranti, lo hanno capito: la Guinness, produttrice di birra irlandese da quasi 250 anni, ha aperto all’interno del proprio impianto di fermentazione la Storehouse: non un semplice museo aziendale, ma un vero e proprio centro propulsore di attività culturali nel centro di Dublino. Tra le tante iniziative di questa nuova struttura vi è quella di aver reso pubblici gli archivi che raccolgono i dati anagrafici dei propri impiegati fin dal 1759, così chi è alla ricerca dei propri discendenti (specialmente cittadini americani i cui avi sono poi emigrati) potrà ricostruire il proprio albero genealogico.
Le radici storiche di un’azienda o di un prodotto oltre ad essere argomento per la comunicazione, possono diventare un elemento strategico e distintivo nel complesso panorama concorrenziale globale. In questi ultimi mesi in Italia si discute animatamente sulle possibili strategie da adottare contro la massiccia e minacciosa concorrenza cinese: molti economisti, opinionisti e capitani d’azienda sostengono che l’unica soluzione possibile è puntare tutto sulla qualità. Niente di più sbagliato. La società orientale storicamente fonda la propria filosofia di lavoro e di vita sul concetto di perfezione: combattere i cinesi in quel campo è battaglia persa in partenza. La qualità riesce a vincere sull’originalità ma non sull’originarietà di un prodotto. Un prodotto originale dopo una settimana viene tranquillamente copiato e contraffatto. Un prodotto originario, autentico e radicato, no.
E’ tempo che le aziende italiane considerino con attenzione quella che il sociologo Francesco Morace chiama “l’originalità dell’origine“ nel senso di origine autentica e originalità distintiva. Qualcuno in Italia, per fortuna, ci ha già pensato. Non per niente l’unica case history italiana presente nei recenti trattati di management o nelle riviste economiche estere è quella della Slow Food. Il movimento ecogastronomico fondato da Carlo Petrini è riuscito nell’impresa di trasformare microcoltivazioni e piccole produzioni artigianali destinate a sparire in dei presìdi, ottenendo fondi da enti pubblici e da sponsor privati rivalutando così l’origine originaria di prodotti come la cinta senese o la bottarga di Favignana ora conosciuti anche fuori dai confini italici e creando così nuovo business nonchè posti di lavoro.
Perfino i cosiddetti prodotti e processi arcitipici - come ad esempio il marchio “Vero Cuoio” o i prodotti dell’agricoltura biologica - nati inizialmente per una nicchia di mercato, nel corso del tempo sono rapidamente diventati riconosciuti e popolari.

Il concetto di “origine originale”, inteso come processo in continua crescita che parte dalle origini (italiane ma possono essere anche africane ed etniche in generale) e poi contaminato secondo i moderni parametri della complessità, si può applicare anche nel campo del design. I brasiliani fratelli Campana hanno creato per Edra una sedia dal design originale e contemporaneo ma che parla di storia e di origini: Favela è una seduta costruita con tanti pezzetti di legno naturale, incollati e inchiodati a mano, in modo volutamente casuale, nello stesso modo con cui in Brasile vengono costruite le baracche delle favelas. La realizzazione manuale rende ogni seduta leggermente diversa dall’altra, offrendo un prodotto realmente originale ed unico e che riesce a parlare, in modo diretto e senza fronzoli, della propria provenienza. Un prodotto fortemente simbolico, ma anche decisamente pratico, che può essere da esempio per molti altri settori o mercati.