: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
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L'Estasi delle cose Il rapporto feticistico tra oggetti e uomini nelle fotografie industriali di una mostra milanese
Il FOglio - Sabato 9 Aprile 2005
"La sicurezza degli oggetti" era il titolo di una raccolta di racconti (ediz. Minimum Fax) della scrittrice americana A.M. Homes, da cui poi fu tratto un film con Glenn Close. Ogni racconto era caratterizzato dalla presenza di oggetti che giocavano, all’interno della storia, un ruolo importante: ogni volta i protagonisti si procuravano delle "cose" (una Barbie o un guantone da baseball, una fiala di vetro o un fuoristrada rosso) per definirsi, per rassicurarsi, per compensare le proprie carenze affettive e anche per rafforzare la propria autostima o per manifestare il proprio status. Questo è solo uno dei rapporti che l’uomo del secolo appena trascorso ha avuto, e continua ad avere, con le cose che lo circondano. L’occasione per riflettere su queste relazioni complesse e diversificate ce la fornisce la mostra fotografica "L’estasi delle cose" dedicata alla presenza e al significato degli oggetti industriali nelle vita dell’uomo dagli anni Trenta ad oggi. La mostra, organizzata dal Fotomuseum Winterhur ed esposta allo Spazio Oberdan di Milano, racconta, attraverso più di quattrocento foto provenienti da altre gallerie ma soprattutto da archivi aziendali o agenzie pubblicitarie, l’oggetto industriale sotto vari punti di vista, dalla produzione, all’uso quotidiano, dalla sua funzione di merce a quella simbolica o affettiva: dalla nascita (con le belle foto del processo produttivo concesse dall’archivio Fiat e Pirelli) passando attraverso l’esposizione (le vetrine o gli scaffali pop dei supermercati americani), l’utilizzo (la serie di foto vintage contenute del libretto di istruzioni per l’uso dell’aspirapolvere Mors) fino a giungere all’abbandono e alla distruzione.
Ma la mostra non a caso ha come titolo "L’estasi delle cose": molte foto sono infatti legate tra loro da un sottile fil rouge sensuale ed erotico: a partire da quelle di Dukkers e Weider che danno l’immagine rispettivamente alla copertina della mostra e del catalogo, a quelle che raffigurano le mani di efficienti segretarie anni cinquanta che sfiorano i tasti di modernissime e sensualissime macchine da scrivere oppure nelle foto pubblicitarie di moda che sono state selezionate. La parte dedicata alla "mobilità e lifestyle" e cioè al mondo dei mezzi di trasporto, merita un discorso a parte: la fotografia, specie quella pubblicitaria, è riuscita più di ogni altro mezzo a dare anima e corpo alle auto e alle moto attraverso una rappresentazione fedele e viva delle forme e dei materiali con il fine ultimo di elevarle a veri e propri oggetti del desiderio, status symbol, feticci e – nel caso delle moto – a modelli di mascolinità (da notare invece la dettagliata campagna della Vespa che, al contrario, si rivolgeva con il passare degli anni al target femminile); dall’altra parte l’aereo, attraverso la rappresentazione fotografica dei suoi interni, degli aeroporti, delle uniformi dell’equipaggio, raffigurò l’"opera d’arte totale" di una moderna cultura del viaggio durante gli anni d’oro dell’aviazione, quando il brand della compagnia aerea (da PanAm, a TWA, a Lufthansa) brillava e compariva in ogni singolo oggetto.
L’esposizione dello Spazio Oberdan forse è più interessante da un punto di vista concettuale e antropologico piuttosto che estetico e tecnico e, se volessimo trovare un difetto, potremmo dire che affronta fin troppi temi e percorsi di senso, al punto che spesso la mostra risulta dispersiva e si rischia di perdere il filo conduttore.
Una significativa appendice alla mostra dello Spazio Oberdan è data da "L’Estasi delle cose: nell’arte" esposta al Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.
La mostra, piccola ma più compatta e leggibile di quella milanese, presenta opere fotografiche di artisti (da Eugène Atget a Man Ray, a Paul Outerbridge) che hanno scelto l’oggetto prodotto industrialmente come tema del loro lavoro. Attraverso un centinaio di foto si riesce a comprendere come la fotografia - e specialmente la fotografia delle cose, sia secondo un’impronta Bahuaus che in chiave surrealista o dadaista - abbia profondamente ridefinito e rimodellato il concetto d’arte contemporanea del XX secolo.
"L’estasi delle cose" Spazio Oberdan, Milano e "L’estasi delle cose: nell’arte" Museo di Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo. Fino al 12 Giugno.