: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
CONSIGLI A LAPO - 16Non guadagna di più chi vende più dischi ma chi sa creare "vecchie canzoni per il futuro".
Il Foglio - Martedi 8 Marzo 2005I cantanti e i gruppi rock che guadagnano di più non sono quelli che vendono
il maggior numero di dischi. Questo è ciò che succede nell'era del download,
della masterizzazione selvaggia e delle vacche magre del mercato discografico
dove, ad esempio in Italia, bastano appena 2000 copie per entrare nella
top 10 dei dischi più venduti. Ma, soprattutto, questo è ciò che si evince
dalla classifica - redatta dai giornalisti di Forbes e pubblicata dal Rolling
Stone americano - dei cantanti e delle band che hanno guadagnato di più
nel 2004. Il risultato è sorprendente e spiega il mercato discografico meglio
di mille interviste e analisi fatte da discografici e da critici musicali.
Tanto per iniziare il primo della lista è Prince che grazie al suo tour
da tutto esaurito, autoprodotto senza troppi sfarzi, alle sue più che convenienti
percentuali sugli incassi e al ricavato del disco "Musicology" venduto durante
le date dei concerti a soli 10$ netti, senza cioè riconoscere alcuna commissione
a dettaglianti e rivenditori vari, è riuscito a guadagnare oltre 56milioni
di dollari nel 2004. Al secondo posto c'è Madonna: anche nel suo caso non
sono state certo le scarse vendite dei dischi a farle guadagnare il secondo
gradino del podio bensì il suo faraonico e esosissimo tour e, in ultima
battuta, i quattro libri per bambini che ha scritto durante l'anno: il tutto
complessivamente le ha fruttato un guadagno di 55 milioni di dollari. A
seguire poi Metallica, Elton John, il cantante country Jimmy Buffet, Rod
Stewart, Phil Collins e Van Halen che, oltre a guadagnare dalla vendita
dei loro dischi e greatest hits, sono riusciti a trovare nuovi introiti
nel merchandising, nella vendita di documentari in dvd, nella creazione
di catene di negozi e ristoranti, linee d'abbigliamento e convention aziendali
(gli Eagles, ad esempio, chiedono ai vari general manager delle grandi coprporation
più di 4 miliardi del vecchio conio come cachet per ogni singola data).
No, non ci siamo sbagliati, non abbiamo distrattamente preso un giornale
del 1988; il vertice di questa classifica è proprio occupato da un manipolo
d?arzilli e creativi quaranta-cinquantenni che hanno capito da che parte
soffia il vento, mentre i vari Eamon, Eminem, Britney Spears e U2 pascolano
verso gli ultimi posti.
Il fatto è che i discografici non hanno ancora capito o continuano a fingere
di non capire, il grado di maturità, prossimo al declino, in cui versa il
mercato discografico da ormai parecchi anni. Il fatto è che il target più
redditizio del mercato è il quarantenne benestante, quello che non ha né
tempo, né voglia di scaricare musica da internet, né tanto meno di chiedere
al "ragazzo del computer" di masterizzargli l'ultima novità; è quello che,
mediamente poco informato sulle ultime uscite, ma molto influenzabile dalla
pubblicità o dal consiglio dell'amico, il sabato pomeriggio entra in un
negozio di dischi e ne esce solo dopo aver lasciato alla cassa 200-300 euro:
ed è solo così che si spiega il successo di Norah Jones ma anche il revival
anni ottanta (e le conseguenti reunion dei Duran Duran o dei Tears for Fears)
e il ritorno della new wave. Sulla base di tutto questo, risulta quindi
inutile e dannoso continuare ad investire su band e cantanti cool e hip
quando è ormai appurato che sono solo i suoni vecchi a creare profitto.
Ma in questo scenario piuttosto desolante una via d'uscita, in fondo, c'è
ed è quella di stimolare i compositori a non scrivere più nuove canzoni,
bnesì creare vecchie canzoni per il futuro. Non più instant pop songs che
seguono solo la moda del momento, ma canzoni "da catalogo" che troveranno
il loro massimo successo solo dopo qualche anno.
Vecchie canzoni per il futuro.
Altrimenti, se così non sarà, si avvererà il presagio "cannibalista" fatto
da un oscuro gruppo inglese degli anni ottanta: Pop Will Eat Itself. Il
pop mangerà se stesso.