: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
CONSIGLI A LAPO - 6
Il prodotto che compare nei film ora non è più pubblicità occulta (ma serve o no a vendere di più?)
di Michele Boroni
Il Foglio - Mercoledi 24 Novembre 2004
Un tempo venivano semplicemente chiamate marchette.
Ricordate le Muratti e le bottiglie di Punt e Mes casualmente poste sui tavolini nei film italiani degli anni settanta? E i più recenti pacchetti di Chesterfield o le suole delle Tod’s mostrate in favore di macchina da presa dagli yuppies vanziniani?
In Italia tutto ciò era considerato fuorilegge, da archiviare sotto la voce "pubblicità occulta": ci ha pensato però il ministro Urbani che con il decreto legislativo volto a riformare il finanziamento pubblico del settore cinematografico ha introdotto nel sistema italiano la possibilità per le aziende di mostrare e quindi "sponsorizzare" i propri prodotti all'interno di film.
In America, al contrario, il product placement è da tempo una simpatica consuetudine e in passato ha fatto la fortuna di numerosi prodotti e servizi, basti pensare alla Apple o al servizio mail di America On Line, protagonisti principali di "C’è post@ per te" di Nora Ephron, o le Mini di "The Italian Job", per non parlare dei mille marchi presenti negli ultimi James Bond: addirittura lo script realizzato da Douglas Coupland per "Minority Report" di Spielberg conteneva già i nomi dei brand e delle aziende da coinvolgere nel film.
I contratti di product placement si sono rivelati assai efficaci per tutti, perché permettono alla casa di produzione di avere un importante finanziamento al film nonché un maggior coinvolgimento e identificazione dello spettatore verso il protagonista, e per l’azienda sponsor, possono rappresentare - in caso di grosso successo commerciale - una potenziale esplosione di visibilità del prodotto e garantirsi così esclusivi testimonial pubblicitari per un periodo di tempo tendente all’infinito. L’importante, come al solito, è non esagerare e trasformare il film in uno "spottone" come nel caso del corriere espresso FedEx che nella prima parte di "Cast Away" monopolizza fastidiosamente la scena con la continua enunciazione dei valori aziendali della multinazionale che lotta contro qualsiasi ostacolo pur di portare a termine la consegna (probabilmente Tom Hanks non era mai passato da Malpensa).
Ma il product placement non viene applicato solo al cinema, anzi, i risultati e gli effetti più sorprendenti da segnalare riguardano media e canali differenti.
Quelli della Pixar, produttori del blockbuster d’animazione "The Incredibles" (in uscita a fine mese in Italia) ad esempio, si sono già intascati 150 milioni di dollari da McDonald’s, Procter & Gamble, Kellogg’s ed altre aziende per l’inserimento dei prodotti all’interno del film.
Il mercato dei videogames - il cui volume d’affari, giova ricordarlo, negli USA ha superato quello della "dorata" industria cinematografica - si è accorto da tempo di questa opportunità e lo ha intuito anche il destinatario principale di questa colonna: i giocatori di "The Sims 2", il popolare videogioco "simulatore di vita", da qualche settimana possono scaricare su internet le "patch" delle felpe FIAT con cui vestire i protagonisti del videogioco. Tra i network tv USA il fenomeno del product placement è cosi importante in termini quantitativi che la Nielsen, multinazionale delle ricerche di mercato, ha introdotto un servizio ad hoc per monitorare i marchi che compaiono nei vari programmi tv, fiction e reality.
Ma il problema è sempre lo stesso: tutta questa esposizione di brand e prodotti in film, programmi tv e videogiochi quanto e come si traduce in termini di aumento delle vendite delle suddette merci?
La domanda è vecchia, e le risposte vaghe ed evasive. Ma la tecnologia, in questo caso, può dare una mano a trovare una soluzione all’annosa questione: Amazon, il popolare negozio on line, offre da qualche giorno sul proprio sito cinque cortometraggi (che coinvolgono nomi importanti, dal regista Tony Scott all’attrice Daryl Hannah) che i navigatori possono gratuitamente guardare e al termine decidere di comprare abiti, accessori, oggetti di elettronica che compaiono nel film, semplicemente cliccandoci sopra. Con questo mix di entertainment e commercio si potrà capire forse una buona volta quali sono i reali effetti del fenomeno che da qualche anno sta modificando gli investimenti in marketing delle grandi aziende.
Il product placement negli articoli di giornale, dite? Ne parliamo un’altra volta.