: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
CONSIGLI A LAPO
Una sonda di General Motors per il mercato gay
Un antidoto per maglie neonazi.
di Michele Boroni
Il Foglio - 22 Ottobre 2004
Hanno un alto potere d’acquisto, sono trend setter, conoscono l’inglese, navigano su internet, vanno molto al cinema, escono la sera, viaggiano, pagano con la carta di credito e sono più di cinque milioni.
E consumano, spendono e spandono.
Questa è la "maggioranza-dei-culattoni" per il mercato italiano. Un target, quello dei gay, molto allettante per le aziende, una terra di conquista che vale circa 25 miliardi di euro e che, in questo momento di crisi, può rappresentare una vera e propria manna dal cielo. Un target che per effetto del coming out anticipato - un tempo avveniva intorno ai 24 anni, adesso la presa di coscienza della propria sessualità si manifesta più o meno a 14/16 anni - è in continua e rapida crescita.
Succede così che anche i marchi storicamente e culturalmente più lontani - se non addirittura avversi - a quel mondo, si stanno avvicinando a questa nicchia profittevole.
Lonsdale, è un marchio inglese piuttosto famoso per essere stato il fornitore ufficiale delle attrezzature per il pugilato: da qualche anno però è diventato il capo di abbigliamento più indossato dai giovani neonazisti tedeschi (oddio, anche il cap con disegno plaid Burberry è ora l’accessorio di riferimento degli hooligans inglesi: dove andremo a finire, signora mia…). Lonsdale nel nome infatti contiene le lettere NSDA molto care ai giovani dell’estrema destra in quanto facenti parte della sigla del partito di Adolf Hitler (NSDAP) e i maglioni col cappuccio vengono portati sotto la giacca proprio per far notare e risaltare le quattro lettere. Il responsabile marketing dell’azienda che distribuisce il marchio in Germania, Olanda e Belgio intervistato dal Telegraph riconosce che questo è un problema e molte persone hanno paura di indossare le loro maglie, così ha coraggiosamente deciso di sponsorizzare il Gay Pride di Berlino, una sorta di street parade che si terrà il prossimo giugno.
Persino la austera e conservatrice General Motors ha scelto di sondare il mercato gaio facendo un product placement di una delle sue auto più prestigiose per il programma culto in USA quest’anno, Queer Eye for the Straight Guy – quello in cui un etero sfigato viene trasformato da cinque simpatici froci in un piacione perfettamente alla moda (presto anche in Italia su La7) - con conseguente crescita delle vendite del modello in questione (Yukon XL Denali, una SUV da oltre 50.000$) e, per la fabbrica di Detroit, un fortissimo ritorno di immagine.
Inoltre anche il Tourist board scozzese sta presentando Edinburgh e Glasgow come le ideali mete per weekend breaks per coppie o single gay, lanciandole come le nuove San Francisco o Miami del nord europa.
Anche in Italia qualcosa si sta muovendo ed ecco allora polizze che coprono la responsabilità civile delle coppie di fatto, agenzie di viaggio e tour operator gay friendly e perfino carte di credito che permettono ai possessori di ottenere gratuitamente una carta aggiuntiva per i propri compagni. E non stiamo qui a parlare dei prodotti per la cura e per la bellezza del corpo, dell’abbigliamento o del tempo libero, settori già piuttosto maturi.
I prodotti e i servizi quindi ci sono, il target che vuole essere soddisfatto e gratificato pure, il problema ora è la comunicazione. Già, perché se è vero che la pubblicità anche in Italia ha iniziato ad utilizzare quelle situazioni e quei codici narrativi ironici e leggermente trasgressivi per accalappiare il pubblico omosex (basti pensare agli ultimi spot delle gomme da masticare Vigorsol o del liquore Bailey’s), è anche vero che le aziende italiane sono ancora intorpidite da un miope perbenismo e nessuno pensa ad una campagna creata ad hoc per loro, anche se pare che società del calibro di Alitalia e Fiat all’estero investono molto sui media gay, ma non in Italia.
Quello che è accaduto nelle ultime settimane (la legge di Zapatero, la dichiarazione di Buttiglione, il film di Almodovar) in merito ai diritti civili degli omosessuali - e di cui si parla molto su questo giornale - ci dà modo di riflettere e pensare: se l’obiettivo è la piena equiparazione del matrimonio omosessuale a quello tradizionale tra uomo e donna, se esiste davvero da parte dei gay un desiderio di “normalità” e di riconoscimento borghese del proprio status, forse anche la pubblicità dovrebbe adeguarsi; magari le aziende che fino ad ora non si sono avventurate in comunicazione mirate, seppur per mancanza di coraggio, sono state lungimiranti; magari è lo stesso pubblico gay che non vuole prodotti e servizi “diversi” e che desidera uniformarsi al “sentire comune”.
Il quesito rimane, che continui il dibattito.