: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.
CONSIGLI A LAPO
Suggerimenti pubblicitari sui minipants, esempio vincente di marketing "dal basso"
di Michele Boroni
Il Foglio - 15 Ottobre 2004
L’assunto è semplice, così semplice che nessuno ci aveva mai pensato prima: se vuoi essere visto, comunica là dove le persone guarderebbero comunque. In inglese la campagna si chiama Ass-vertising - che in italiano suona più o meno come "chiappa sponsorizzata" – ed è opera della NightAgency di New York, un’agenzia specializzata in pubblicità urbana. Funziona così: le aziende clienti - rigorosamente non del settore abbigliamento - acquistano spazi pubblicitari sul retro di minipants indossati da simpatiche modelle che si aggirano per le strade di New York. La prima sperimentazione è avvenuta la scorsa estate nei quartieri di SoHo e di NoLiTa riscuotendo un successo clamoroso grazie anche al passaparola creato sui giornali di costume americani (da Surface a W) e verrà replicata nell’inverno nella snob Upper Side ma anche a Miami e a San Francisco.
A volte un’idea di business vincente può nascere semplicemente da un’intuizione, meglio se leggera e impertinente, come quelle che venivano inventate sui banchi di scuola durante le noiose lezioni di matematica o latino. Un esempio: prendere la lettera A maiuscola e disegnare un cerchietto in alto e uno sul lato sinistro della stanghetta di mezzo. Il risultato - anche senza metterci troppa fantasia - è un’immagine vagamente sodomitica. Invece di liquidare tutto con una risata, andare a registrare il logo come marchio di fabbrica, stampare poi migliaia di adesivi e attaccarli in giro - semafori, cartelli stradali, centraline telefoniche - nelle città. Far divertire i passanti che iniziano a chiedersi a cosa possa corrispondere questo buffo logo, un paio di articoli sulle riviste giuste e il gioco è fatto. Il passo successivo è una ditta di abbigliamento che acquista la licenza d’uso del marchio, lo fa indossare al partecipante più glamour del Grande Fratello 4 quando ancora il prodotto non è in commercio e crea così l’oggetto del desiderio per trendsetter in astinenza. Adesso basta accendere il televisore e vedere i capi A-Style indosso ai giovani ospiti professionisti nelle trasmissioni tv.
Bottom-up communication, la comunicazione che parte "dal basso" e utilizza stili e codici presi direttamente dal mondo dei graffiti e della street art: ecco così che anche le città si trasformano in un immenso tazebao. La Nike assolda giovani gruppi di graffitari e writers e commissiona loro disegni murali ispirati alla celebre virgola, Radio Italia Network, emittente di casa Rizzoli, invade strade e spazi urbani con gli adesivi effigianti la silhouette del rinoceronte logo della RIN e Jetlog, sito di viaggi tailor made, utilizza per la comunicazione fogli di carta stampata attaccati con la colla ed affissi abusivamente fuori dai bar e locali milanesi ritraenti improbabili testimonial come Walter Chiari o Sarah Jessica Parker.
Più il messaggio è ermetico, più genera curiosità, maggiore è la probabilità che si scateni il passaparola, quel circolo virtuoso che, se veicolato negli ambienti giusti, riesce a creare un effetto moltiplicatore del messaggio pubblicitario e che talvolta si può rivelare più efficace di un investimento in tv a sei zeri.
Adesso lo chiamano viral marketing in realtà è la solita vecchia storia che se ti arriva un consiglio su un prodotto
da un amico, o da una persona che stimi e che la pensa come te, una volta testato con soddisfazione sarai tu stesso a parlarne ad altri amici e conoscenti allargando (potenzialmente all'infinito) la diffusione del messaggio. Il meccanismo è così potente che potrebbe anche degenerare come prospettato nell’ultimo romanzo di William Gibson Pattern Recognition (uscito quest’estate in Italia per Mondadori con il titolo "L’accademia dei sogni") dove vengono descritti affascinanti personaggi che, ingaggiati da oscure agenzie e sguinzagliati nei club e bar londinesi, parlando o flirtando con gli avventori inseriscono nella conversazione messaggi pubblicitari su film, dischi o luoghi di villeggiatura camuffati da credibili consigli o sinceri suggerimenti, con effetti che nel romanzo si rivelano devastanti.
Le chiappe, invece, non ingannano mai.