EmmeBi Attached

Gli allegati di EmmeBi Blog: articoli tratti da Il Foglio, GQ, LINK Magazine, Rolling Stone, AD, Vanity Fair e Style Magazine del Corriere della Sera.

Saturday, July 30, 2005

 
La Settimana Incom
Fiction-Realtà

Strategia del terrore e attentati per "24".

Il Foglio - 30 Luglio 2005

Da alcuni anni le serie tv riescono ad interpretare, raccontare e talvolta anche ad anticipare lo spirito dei tempi. Ciò che prima era prerogativa del teatro, della letteratura e del cinema, adesso è nelle mani di brillanti e illuminati sceneggiatori e soggettisti tv al soldo dei network americani. Il merito non è solo quello di aver intuito e descritto i nuovi lifestyle (che di questi tempi, a pensarci bene, hanno più forza politica di tante dichiarazioni di capi di stato) di casalinghe disperate o di belle e brillanti trentenni single metropolitane, ma di essersi spinti oltre, verso i delicati territori dei palazzi del potere (con West Wing e K Street) e, ultimamente, rendendo ancora più palpabile e concreto - come se ce ne fosse bisogno - il terrore. Stiamo parlando della serie tv “24”, prodotta e trasmessa dalla Fox di Rupert Murdoch e, in modo particolare, della quarta stagione da poche settimane terminata negli Stati Uniti. L’idea della serie è quella di raccontare in tempo reale ventiquattro ore di avventure e missioni dell’agente federale Jack Bauer (Kiefer Sutherland) e di un’ipotetica Unità Antiterrorismo (CTU - Counter Terrorism Unit) con sede a Los Angeles, alle prese con minacce terroristiche internazionali: ventiquattro puntate di un’ora ciascuna. E’ inutile dire che in ogni puntata della serie ci sono più colpi di scena e rovesciamenti di fronte che in tutte le quattro serie complete dell’italica fiction “Distretto di polizia”.
La stagione (day4) appena conclusa sembra poi aver anticipato il susseguirsi d’attentati terroristici che tristemente ci stanno accompagnando in queste ultime settimane: le attinenze e le coincidenze tra fiction e realtà sono molte e considerando anche quali sono gli sviluppi narrativi e il pre-epilogo della serie - che qui non sveleremo in dettaglio; la serie andrà infatti in onda in Italia su Fox nella prossima stagione - piuttosto agghiaccianti. Una delle cellule strategiche della lunga fila d’attentati è una famiglia islamica perfettamente integrata nella società e nello stile di vita occidentali: il marito, incensurato imprenditore benestante, la moglie bella e dolce iranian housewife e il figlio (rispettivamente interpretati da Shohreh Aghdashloo e Jonathan Ahdout, già visti come madre e figlio in “La casa di sabbia e nebbia” di Vadim Perelman) che frequenta il college americano ed è fidanzato con una bella biondina wasp costretta a vita breve. Un piano terroristico studiato in ogni piccolo particolare e in ogni sua contro mossa o depistaggio per cinque lunghi anni e che coinvolge ingegneri arabi impiegati presso le aziende fornitrici d’armi di difesa nucleari per il governo USA, mercenari di ogni razza e agenti segreti americani bramosi di scalata: addirittura viene indirettamente resa complice un’organizzazione non-governativa impegnata nella difesa dei diritti umani tipo Amnesty International (Amnesty Global) per occuparsi della difesa di un collaboratore minore. Nel serial i terroristi islamici non motivano i vari attentati con la giustificazione religiosa o con la pretesa di voler modificare lo stile di vita occidentale ma, principalmente, per vendicare i paesi mediorientali dai continui massacri e conflitti americani.

Ma la questione che ha fatto scatenare più polemiche negli StatiUniti è stata sui metodi di interrogazione utilizzati nella serie dagli agenti federali: molti commentatori americani hanno ricondotto l’utilizzo disinvolto delle torture (da quelle più arcaiche fino alla deprivazione sensoriale) ad Abu Grahib. L’implacabile tempo che scorre e la continua emergenza sono, ai nostri occhi, i pretesti per poter giustificare ogni tipo di tortura inflitta da Jack Bauer e colleghi per ottenere informazioni chiave non solo a sospetti terroristi, ma anche a cittadini americani che possono essere indirettamente collegati con gli autori degli attentati. La serie, per il trattamento risoluto del Segretario alla Difesa, per non rappresentare mai figure di mussulmani moderati e per rendere al pubblico accettabile la “guerra globale al terrore”, è stata accusata dalla stampa liberal USA di essere un prodotto di estrema destra. Nonostante tutto, la serie ha ottenuto 11 nomination agli Emmy e gli autori stanno già affilando le armi per la nuova stagione e affrontare un altro nuovo nemico globale che già si affaccia in questa serie: la Cina.

Friday, July 22, 2005

 
CONSIGLI A LAPO - 23

Bit, file e cartelle dove riversare in futuro in nostri pensieri, ricordi e emozioni.

IlFoglio - Venerdi 22 Luglio 2005

La notizia è di poche settimane fa e ha il sapore dei mirabili racconti di Philip K Dick: Ian Pearson, scienziato e futurologo inglese, ha preconizzato che nel 2050 l’intero contenuto del nostro cervello potrà essere completamente scaricato su un mega server; i ricordi, i pensieri e le emozioni saranno così convertiti in cartelle, file e bit ed eventualmente disponibili per il download come un qualsiasi programma su internet.
Un lontano domani? Certo. Difficile da immaginare? Questo proprio no: fin da ora, infatti, riusciamo chiaramente a leggere i segnali che conducono a questo scenario, o meglio, a questa necessità collettiva. Oggi, più che mai, c’è la forte e urgente esigenza in tutti noi di "catturare", raccogliere, accumulare e collezionare pezzi della nostra vita – sottoforma di foto, video, testo, dati e suoni - per uso personale o per mostrarlo agli amici, familiari o posteri. La tecnologia viene incontro a questo bisogno lanciando sul mercato a velocità impressionante prodotti sempre più semplici e capaci. L’iPod della Apple - lui, sempre lui, ormai innalzato a vero e proprio archetipo dei nostri tempi - ne è la prova calzante: è un sogno che diventa realtà, quantomeno per i musicofili più incalliti, quello di avere concentrata ed archiviata tutta la propria discografia (da mille a diecimila canzoni) e quindi anche parte della propria vita, in una scatolina bianca, leggera e sensuale, da portare sempre con sé.
Il futuro è gia qui: in effetti abbiamo già trasferito in outsourcing a strumenti tecnologici la gran parte dei dati, dei numeri, delle date o delle cose da ricordare che magari prima affidavamo autarchicamente alla nostra possibilità mnemonica: non sta certo a questa colonna rammentare che la perdita del telefonino o, peggio ancora, della sim card rappresenti un piccola tragedia della vita quotidiana, una specie di perdita della nostra memoria allargata. La chiavetta USB, una memory stick capace di raccogliere centinaia di files di dati e immagini da visualizzare in qualsiasi computer, è ormai diventato un oggetto imprescindibile per chi si muove e vuole avere sempre con sé i propri documenti o "frammenti di memoria esterna", al punto che adesso viene integrata in orologi, portachiavi e financo in coltelli svizzeri.
Su internet sono molti i programmi e i servizi che permettono di archiviare appunti, articoli on line, foto, filmati o link: dalla mail potenziata di Google (GMail, capace di contenere 2 gigabytes di dati), a BackPack il servizio online di appunti e memorandum recentemente lodato dal Wall Street Journal; anche gli stessi blog possono rappresentare una forma di traccia della propria vita sulla rete e consultabile da tutti.

Non solo la nostra memoria è incapace di incamerare i mille input che ci arrivano giornalmente, ma perfino il nostro sguardo non riesce a captare e assorbire le mille esperienze ed emozioni visive a cui siamo sottoposti: per questo l’uso di fotocamere digitali e videofonini è sempre più massiccio di fronte ad eventi importanti, dall’omaggio alla salma del Pontifice al concertone rock. I telefonini di nuova generazione, come pure il nuovo iPod, permettono anche di archiviare e gestire migliaia di foto da portare sempre dietro e magari scambiare in rete nella community di Flickr - il sito di pubblicazione e condivisione di immagini - una delle realtà più floride e utilizzate su internet, recentemente acquistata da Yahoo.
Una volta recuperate e raccolte tutte le immagini, i testi e i suoni, questi possono trasformarsi in un qualcosa di coeso, attraente e definitivo: una storia, il racconto della propria vita. In Francia esiste una società che si chiama Ipernity che per 1000 euro realizza una vera e propria biografia: il cliente consegnando le proprio foto o filmati, canzoni preferite e documenti si vedrà recapitare un libro, un Cd Rom e un sito web da poter consegnare ai posteri : una specie di riepilogo multimediale sulla falsa riga dei filmati mostrati agli eliminati dai reality show con tanto di colonna sonora stucchevole di Robbie Williams o Aerosmith.

Questa diffusa voglia di costruirsi dei lifelog (letteralmente diari di bordo della propria vita) da tenere per sé o da mostrare a tutti, può rappresentare - come si è visto - un’importante opportunità per coloro che operano nel mondo della fotografia, del publishing, della produzione video, telefonia e internet. Ma c’è di più. Il dato inconfutabile che esce da questa breve analisi è che nei mercati e nelle economie mature, le persone amano e desiderano ricordare e "collezionare" le proprie esperienze piuttosto che gli stessi oggetti; produttori d’accessori di moda (borse e scarpe femminili su tutti), costruttori d’auto e moto o tour operator e tutte quelle categorie in cui il vissuto di consumo è quasi più importante della funzione stessa del prodotto, potranno in futuro - tenendo conto di questi segnali - incrementare i propri fatturati offrendo una serie di servizi post-vendita basati sulla testimonianza e la riproduzione dell’esperienza vissuta dal cliente.

Saturday, July 09, 2005

 
La Settimana Incom - Marketing militare
"Hooah!", la barretta energetica e patriottica contro la guerra del terrore.

Il Foglio - Sabato 9 Luglio 2005

Negli Stati Uniti il comparto degli snack multivitaminici ed energetici è uno dei pochi che, in questi ultimi anni, ha goduto di alti tassi di crescita delle vendite. I consumatori di questi alimenti sono, per così dire, trasversali: dagli yuppies a cui manca il tempo per mangiare, agli atleti che cercano prestazioni migliori fino alle giovani donne in vena di diete istantanee. Ma il mercato, che nel 2004 valeva quasi 2 miliardi di dollari, è destinato a crescere ancora e a coinvolgere nuove fasce di consumatori: questo devono aver pensato i tre giovani fratelli D’Andrea (D’Andrea Brothers) from Los Angeles, usciti freschi freschi da Harward senza alcuna esperienza di vendita o di marketing.

Tutto iniziò due anni fa quando Christian D’Andrea, girando un documentario sulle basi militari americane, scoprì l’esistenza tra i vari alimenti prodotti e distribuiti esclusivamente per le forze armate di una barretta energetica dalle caratteristiche eccezionali. Trattavasi di uno snack composto da zucchero, proteine di soia, olio di palma, diciassette diverse vitamine e una combinazione di carboidrati complessi: in pratica 280 calorie, ingredienti naturali, zero acidi grassi e soprattutto una shelf life (letteralmente vita sullo scaffale, ovvero il periodo di conservazione del prodotto) di tre anni, anche in condizioni climatiche estreme: ovviamente tutte peculiarità importanti sia da un punto di vista commerciale che logistico. Dopo lunghe trattative con la U.S. Army, nel 2004 i D’Andrea Bros riuscirono a guadagnarsi i diritti di licenza e distribuzione delle barrette per i mercato “civile”.

Il nome dello snack è HooaH! e deriva dall’acronimo "H.U.A." che sta per "heard, understood and acknowledged" (una sorta di "ricevuto, agli ordini") frase che spiega perfettamente l’ordine e la devota disciplina dell’arma militare. HooaH! era stato prodotto nel 1996 dalla Direzione Alimentazione delle truppe combattenti del Pentagono e il sostegno della sezione ricerca e sviluppo della M&M Mars con l’obiettivo di "aumentare il livello di glucosio nel sangue e nel contempo ottenere una lenta e duratura iniezione di energia" al fine di garantire alte prestazioni alle truppe durante le intense operazioni militari: lo snack, al gusto di cioccolato o di mela e cannella, fu distribuito ed è ancora oggi consumato dalle forze speciali presenti in Iraq e in Afghanistan.

I fratelli D’Andrea hanno deciso di apporre qualche cambiamento alla confezione, sostituendo il tono camouflage ad un più rassicurante packaging argento con stelle rosse, bianche e blu che ricordano il vessillo americano, per renderlo più vendibile sugli scaffali dei supermercati Wal Mart e 7-Eleven. La strategia di marketing legata al prodotto cerca di soddisfare e di venire incontro al sempre più forte spirito patriottico e di supporto alle forze militari in Iraq presente tra i cittadini americani, specialmente nei red states, cioè negli stati a maggioranza repubblicana: nell’accordo tra i fratelli D’Andrea e la U.S. Army, tra l’altro, è previsto che una percentuale dei 2$ - il prezzo di vendita di HooaH! al pubblico - vada a sostenere un fondo di sussidio dell’arma. Il target primario a cui punta il trio d’imprenditori è quello costituito dal folto pubblico, circa 40 milioni, dei cacciatori e pescatori presenti nel territorio nordamericano che oltre ad essere pro-intervento militare, spendono complessivamente oltre 6 miliardi l’anno per i consumi alimentari in negozi specializzati: è proprio per questo che una buona parte della distribuzione è stata concentrata sui negozi di caccia e pesca.

Le risposte da parte dei distributori e i primi dati di vendita sono più che positivi. Non è la prima volta che un prodotto realizzato esclusivamente per i militari al fronte riesce ad imporsi anche sul mercato commerciale: era già successo nella seconda guerra mondiale per Field Ration D, una tavoletta di cioccolata da 600 calorie utilizzata come alimento d’emergenza, ma è accaduto più di recente anche per caffè surgelati e torte pronte. In questo caso però il lancio sul mercato della barretta Hooah! ha anche una forte valenza strategica: un alto dirigente del dipartimento della difesa nel comunicato ufficiale di presentazione del prodotto parla dello snack come di un fondamentale strumento per sostenere le truppe e per conferire nuovi valori alle truppe impegnate in Iraq. Come cercare di rimediare e riacquistare credibilità nell’opinione pubblica, almeno da un punto di vista simbolico, dopo le odiose torture di Abu Ghraib, con un prodotto alimentare vincente ed efficace. Come per dire, una barretta ci salverà.

Wednesday, July 06, 2005

 
Non solo aerei

Come diventare imprenditori seriali con minima spesa. La lezione di "Easy" Stelios.

Il Foglio - 6 Luglio 2005

Dal primo agosto sarà possibile soggiornare a South Kensington prenotando comodamente da casa via internet e pagando, con carta di credito, solo 28£ a notte (ancora meno nei periodi d’alta stagione, riservando in anticipo) per una camera doppia con bagno, aria condizionata, televisione e con il servizio dell’hotel aperto 24 ore su 24. Bello, no? Ok, però diciamola tutta: la camera è grande sette metri quadri, molto probabilmente non ha le finestre (solo tre su trentuno le hanno), nell’albergo non vi è nè bar né tanto meno il ristorante e il colore dominante è l’arancione. Ridimensioniamo ancora: le pulizie e il cambio della biancheria durante il soggiorno sono un optional e costano 10£, e tutto quel che si vede nella tv in camera, si paga.
E’ la filosofia no frills: servizi essenziali, efficienti e sicuri, offerti a prezzi bassi, quasi stracciati. Tutto il resto è a pagamento. Filosofia, questa, che è diventata il vincente modello di business trasversale per Stelios Haji-Ioannou, rampollo di una famiglia di noti armatori greci, classe 1967, fondatore e maggior azionista di Easy Group e soprattutto licenziatario del marchio Easy presente in 14 diversi settori merceologici e di servizi in tutto il mondo.
Il giovane Stelios all’inizio degli anni novanta iniziò a studiare il settore aereo: andò a Seattle a visitare la Boeing e, per caso, vide come funzionava la Southwest, la prima compagnia low cost al mondo. Da lì la folgorazione: niente di gratuito a bordo, nemmeno il caffè, meno intermediari possibili, vendite esclusivamente via internet e telefono.

Easy Jet partì nel 1995 con cinque milioni di sterline prestate dal padre e con pochi aerei, che collegavano l’aereoporto londinese di Luton a Glasgow e Edimburgh. Oggi la flotta è di oltre cento aerei, le rotte sono 148 (di cui 28 in partenza da nove città italiane) e nell’ultimo anno ha trasportato 27 milioni di passeggeri.
La filosofia del low cost non è solo una scelta di campo ma una strategia di business che risponde a criteri di efficienza ed efficacia: ad esempio la decisione di non far pagare il caffè genera due differenti entrate: il primo, prodotto della vendita del caffè e l’altro conseguente al fatto che, essendo bassa la richiesta del servizio bar, si libera lo spazio per una poltrona in più che prima era destinato al lavatory di bordo. Il giovane imprenditore anglo-cipriota ha mantenuto un approccio senza fronzoli anche nel suo stile di vita - casual e informale - e lavorativo: al posto del classico building nella city, Stelios ha preferito scegliere come suo quartier generale un assai meno prestigioso open space a Camden dove vengono concentrati tutti gli affari del gruppo Easy.

La sicurezza è un’altra fissazione di Stelios: la sua famiglia possedeva la Haven, la petroliera che nel 1991 esplose a largo di Genova: per dieci anni ha dovuto accompagnare il padre a combattere nei tribunali italiani e questa esperienza l’ha decisamente formato: adesso la frase che ama ripetere è "se pensate che per la sicurezza si spende troppo, provate un incidente".
Stelios è persona eclettica e ha sempre avuto bisogno di nuovi stimoli: il settore aereo perciò non gli bastava più e il suo desiderio era quello di esportare la sua mission “far spender meno soldi al cliente senza compromettere la qualità del servizio” a più settori possibili, sfruttando il marchio Easy e il colore arancione suo portafortuna. Diventa così The Serial Entrepeneur, l’imprenditore seriale, l’impollinatore del credo no frills nelle attività più disparate, sfruttando il proprio brand elastico e flessibile, sempre più famoso e riconoscibile, concedendolo in licenza alle singole attività e aumentando quindi il giro d’affari senza impiegare ingenti capitali. Nel giro di quattro anni il gruppo di Stelios Haji-Ioannou mette alla prova il proprio marchio nelle attività più varie e disparate: dal noleggio auto (Easy Car), ai servizi finanziari (Easy Money), dalla pizza a domicilio (Easy Pizza) alla linea privata di bus (Easy Bus) fino alla vendita di mp3 (Easy Music), il tutto sempre caratterizzato da prezzi più bassi della media del mercato e da una gestione di vendita e d’intermediazione che sfrutta la rete di internet.

Non tutto però funziona a perfezione e paradossalmente proprio con internet, uno degli asset che hanno contribuito al successo del gruppo, Stelios fallisce miseramente: è accaduto con Easy Internet, la catena di internet point aperti nelle principali piazze delle capitali europee; la struttura dei costi fissi (di affitto e di struttura) erano troppo elevati e non hanno permesso di raggiungere in cinque anni il punto di pareggio. Perfino l’ingresso nel mondo della telefonia mobile non sta procedendo a gonfie vele: stando a quel che riportava il Telegraph alcune settimane fa, il servizio low cost per cellulari in Inghilterra (Easy Mobile, manco a dirlo) ha avuto soltanto cinquemila iscritti nei primi due mesi d’attività. Ci sono però tutte le premesse perché la penultima avventura imprenditoriale di Stelios vada a buon fine: trattasi di Easy Cruise, il nuovo servizio di crociera low budget dedicata ai più giovani. Dai primi di maggio una nave da crociera parte da Genova, facendo scalo nei principali porti della riviera ligure e della costa azzurra fino a St. Tropez. L’intera crociera dura quattordici giorni ma i passeggeri possono scegliere in quale porto salire e quale località raggiungere purché il soggiorno minimo sia di due notti: i prezzi delle cabine sono mediamente molto bassi ma, in questo caso, esistono anche le suite.

E’ inevitabile il confronto del progetto Easy con quello della Virgin di Sir Richard Branson: entrambi le compagnie inglesi si ispirano al modello giapponese di diversificazione del business ed entrambi propongono soluzioni alternative a ciò che il mercato offre: ma mentre la Virgin gioca molto sul proprio brand e su uno stile di vita rock n’ roll (Virgin nasce dal music business) e cool, Easy si rivolge a tutti coloro che si sono stufati dei marchi (ed è per questo che viene definito un brand post post-moderno) privilegiando un approccio pragmatico, costruendo un rapporto di fiducia con il pubblico basato sul basso prezzo e su una sorta di minimalismo monastico: quantità piuttosto che qualità, semplicità che sostituisce la complessità, concretezza al posto dell’emozione. E fin quando l’economia e i consumi attraverseranno questo clima di recessione, il mercato gli darà ragione.

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